SEATTLE – Google e privacy: un binomio male assortito da sempre, ed era solo questione di tempo prima che anche i futuristici occhiali intelligenti di Big G finissero per scontrarsi con la regola base delle interazioni umane. E’ successo a Nick Starr, ingegnere informatico di Seattle, che è stato buttato fuori da un ristorante proprio perché indossava gli avveniristici Google Glass.
Starr è uno dei 10 mila Glass Explorers, appartiene cioè al gruppo di fortunatissimi che hanno potuto acquistare in anteprima il nuovo gioiello di Google per testarne le funzioni. Ma quando David Meinert, proprietario del Lost Lake Cafè di Seattle lo ha invitato a toglierli o a lasciare il locale perché importunava la privacy dei suoi clienti, Starr non ha voluto assecondarlo e per questo è stato accompagnato alla porta.
Un esagerazione forse, ma comunque un’anticipazione di ciò che potrebbe accadere già dal prossimo aprile, quando gli occhialini intelligenti faranno il loro debutto sul mercato. Esistono momenti della vita nei quali la tecnologia è costretta ad arrestarsi per lasciare il passo al naturale corso delle cose. Più precisamente è l’uomo che deve riconoscerne e fissarne i limiti. Del resto all’ingresso del locale c’era tanto di cartello con su scritto: “Vietato indossare i Google Glass“.
“Un conto è tirare fuori una fotocamera per catturare un attimo – ha spiegato Meinert – la gente ti vede farlo, hanno la possibilità di tirarsi indietro se vogliono, con Glass la gente non ha la possibilità di farlo. Vogliamo che i nostri clienti si sentano a loro agio, non come se fossero sorvegliati”
Così dopo la prima donna multata per aver guidato indossando gli occhiali intelligenti, ecco arrivare anche i primi locali anti-Glass. I garanti di mezzo mondo, Europa in testa, sono sul piede di guerra già da mesi ormai. A giugno scorso hanno scritto a Google per chiedere chiarimenti e il colosso ha risposto che non permetterà l’utilizzo di applicazioni che si basano sul riconoscimento facciale. La tecnologia però non è al riparo dal libero arbitrio degli utenti che potrebbero comunque scaricare le applicazioni sui Glass senza necessariamente chiedere il permesso dell’azienda.