Delitto dell’Olgiata, il pm chiede la convalida del fermo per Manuel Winston

ROMA – Il pm Francesca Loy ha inviato al giudice per le indagini preliminari la richiesta di convalida del fermo del filippino per omicidio volontario.

La tragica fine della contessa Alberica Filo della Torre è stato uno dei più clamorosi delitti rimasti insoluti nella storia della cronaca nera e giudiziaria della capitale.

Come per via Poma, dove si è arrivati ad una condanna in primo a grado a 24 anni per l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco, o per la scomparsa di Emanuela Orlandi, per anni investigatori, criminologi, scrittori hanno cercato inutilmente di trovare il responsabile.

Era il 10 luglio del 1991 quando il killer entrò nella stanza da letto della contessa, 42 anni, la strangolò  e la colpì con uno zoccolo alla testa. Proprio quel giorno, nella villa avvolta nel verde, la contessa avrebbe dovuto festeggiare 10 anni di matrimonio con il costruttore Pietro Mattei. Il delitto fu scoperto da una domestica filippina mentre in casa si trovavano i due figli, Manfredi e Domitilla, che avevano da poco fatto colazione e nella villa erano al lavoro alcuni operai per preparare la festa che si sarebbe tenuta in serata. Mattei, invece, era al lavoro.

Il riserbo e il silenzio di uno dei quartieri romani piu’ esclusivi fecero da sfondo a quell’omicidio che, per tanti anni, è stato uno mistero. Un groviglio di piste coinvolse personaggi di tutti i generi, dal domestico filippino Winston Manuel Reves, a Roberto Iacono, figlio dell’insegnante di inglese dei figli della famiglia Mattei E anche il funzionario dell’allora Sisde Michele Finocchi, amico della coppia, arrivato alla villa subito dopo la scoperta del delitto. Anche il marito della donna fu sfiorato dai sospetti, ma l’indagine dell’allora titolare degli accertamenti, Cesare Martellino, fini’ per incentrarsi su Iacono.

Alcune macchie di sangue scoperte dagli investigatori su un pantalone furono analizzate con il test del Dna, ma l’esito fu negativo. Furono fatte anche rogatorie in Svizzera per passare al setaccio i conti correnti della vittima sui quali si ipotizzò che potessero essere passati fondi illeciti del Sisde. Nelle more dell’inchiesta apparve anche un personaggio controverso, Roland Voeller, già testimone nel caso di via Poma. La prima inchiesta sul delitto dell’Olgiata fu archiviata nel giugno del 2005 dal procuratore aggiunto Italo Ormanni.

Alla fine del 2006 l’inchiesta fu riaperta dopo un’istanza presentata per conto di Pietro Mattei dall’avvocato Giuseppe Marazzita. Agli inquirenti si chiedeva di riesaminare, con le nuove tecnologie di analisi dei reperti, utilizzate in numerosi casi considerati ”cold case”, gli oggetti sui quali potevano essere rimaste eventuali tracce organiche. I primi accertamenti non portarono a nulla e la Procura di Roma chiese l’archiviazione. Mattei si oppose. Chiese nuove e piu’ accurate perizie. Il Dna ha dato ragione alla sua tenacia.

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