Per quel delitto, avvenuto il 10 luglio del 1991, venerdi’ scorso Winston si è dichiarato responsabile. La difesa di Winston potrebbe puntare a dimostrare che il reparto su cui è stata individuata la macchia di sangue riconducibile al filippino sia stato manomesso o, quantomeno, ”contaminato”. Sul punto i legali, per il momento, non forniscono commenti.
Un’analoga considerazione era già stata fatta dall’avvocato Alessandro Cassiani, difensore di Roberto Iacono (l’altro indagato storico dell’inchiesta e destinato ad essere scagionato), quando, con la riapertura dell’inchiesta nel 2007 fece mettere a verbale che in un’unica busta erano stati conservati reperti sequestrati sulla scena del delitto con gli indumenti personali dello stesso Iacono e del filippino.
Una confusione tra i reperti già emersa nelle scorse settimane quando nello scatolone contenente oggetti legati al delitto dell’Olgiata, così come denunciato dall’avvocato della famiglia Mattei, Giuseppe Marazzita, furono trovate formazioni pilifere riconducibili a Samuele Lorenzi, il bambino ucciso a Cogne nel 2002. Sul fronte delle indagini sono proseguite nella sede del reparto operativo di via in Selci le audizioni dei testimone.
Mercoledì 6 aprile è toccato agli operai che erano presenti nella villa il giorno dell’omicidio. Gli inquirenti avevano raccolto anche il racconto di Romena, seconda moglie del filippino. La donna avrebbe confermato la confidenza fattale dal marito in merito all’omicidio ma ha precisato di non avergli dato troppo credito. Nel corso dell’audizione la donna avrebbe fatto riferimenti anche alla scelta di dare il nome Alberica alla prima figlia: ”Per ricordare una persona buona quale era la contessa”, avrebbe detto Winston alla moglie.