ROMA – Perché vediamo in 3D? Una risonanza magnetica in grado di “spiare” il cervello ha permesso di individuare quale sono le aree addette all’elaborazione di segnali complessi e realistici. La scoperta arriva da uno studio condotto da Akitoshi Ogawa, Cecile Bordier e Emiliano Macaluso, ricercatori del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia IRCCS. Il progetto è stato finanziato in parte dallo European Research Council e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos One.
I ricercatori hanno mostrato ai soggetti coinvolti nell’esperimento un film in 3D e con 5 sorgenti sonore, il tutto mentre i volontari erano sottoposti ad una risonanza magnetica funzionale. Applicando dei modelli computazionali, gli scienziati hanno identificato la quantità di informazione 3D e la spazialità dei suoni contenute nel film e, grazie a questo, sono riusciti a risalire alle aree del cervello responsabili per l’elaborazione di questi segnali complessi e realistici.
Studi di questo tipo, che sviluppano approcci innovativi e ‘naturalistici’, permetteranno di comprendere meglio le funzioni chiave che guidano il comportamento umano nel mondo reale, come ad esempio l’attenzione e la memoria, e di identificare gli aspetti critici che rendono difficile la vita quotidiana dei pazienti che hanno subito danni cerebrali.