ROMA – Fine del mondo? Calendario? Apocalisse? Superato il 21 dicembre 2012 adesso scopriamo chi erano veramente i Maya. Sacrifici umani, sport sanguinari e vendette. I Maya giocavano a calcio, almeno una versione ‘leggermente’ più sanguinaria del calcio. Le partite si disputavano sopra un campo a forma di H, forma che per i Maya rappresentava la Terra.
Il campo era delimitato da due muri sui ognuno dei quali era presente un anello nel quale bisognava far entrare la palla di gomme, naturalmente la palla simboleggiava il Sole. Il ‘pallone-cosmico-solare’ si poteva colpire con testa, gomiti, fianchi, cosce ma non con mani o piedi. A far rabbrividire erano le ‘penitenze’. Il capitano della squadra che faceva cadere la palla veniva decapitato e scorticato. Motivo? La caduta del pallone poteva impedire di far sorgere il Sole. Il tutto per rievocare il mito Maya dei gemelli Hunahpu e Ixbalanqué. Per chi volesse approfondire l’argomento può cercare sul web.
Il calendario Maya, calendario ciclico che dura solo un anno necessitava sempre di nuovi sacrifici per evitare l’avvento delle tenebre. Il Popo Vuh è diviso in tre ere formate da Baktun, pari a 11mil giorni l’uno. Secondo José Arguelles i baktun sarebbero tredici, in realtà ne erano previsti altri venti. Secondo molti la profezia della fine del mondo nel 21 dicembre 2012 deriverebbe proprio dalla teoria di Arguelles, famoso anche per l’uso dell’acido lisergico.
Mais. Cosa c’entra il Mais con i Maya? Tutto. Infatti per i Maya tutto era in relazione con il Mais: fuori la città esistevano enormi campi di mais, i templi e i sacrifici servivano per rendere abbondante il raccolto e anche il calendario era suddiviso in modo funzionale ai lavori nei campi di mais.