A L’Aquila e Onna arrivano i “turisti delle macerie”: viaggio nei centri storici che non esistono più

Una settimana fa, dalle colonne del quotidiano abruzzese “Il Centro” la poetessa Patrizia Tocci si era affidata ai suoi versi per un appello. “Venite all’Aquila”, ha scritto la Tocci agli italiani chiedendo di vedere con gli occhi quello che non sempre televisioni e giornali raccontano.

Ma nell’Abruzzo devastato dal terremoto, le visite di curosi più o meno sensibili non sono mai mancate da quel terribile sei aprile del 2009. Giustino Parisse, sempre sul Centro, li definisce “turisti delle macerie” e racconta che è iniziato tutto da Bruno Vespa, tra i più celeri ad arrivare con tanto di troupe televisiva sul luogo del disastro.

I turisti arrivano anche ad Onna: prima del sei aprile non se n’erano mai visti. Ora si presentano nelle sistemazioni provvisorie e vogliono vedere come procede la ricostruzione, se davvero l’emergenza è conclusa. Con pazienza alcuni abitanti del posto li portano vicino al vecchio centro storico, quello che non esiste più e chissà quando, e se, verrà ricostruito. Basta un’occhiata da lontano,  scrive Parisse, e le parole diventano superflue.

Il cronista, poi, distingue tra turisti e turisti: “Come in tutti i fenomeni umani la questione centrale è lo spirito con il quale si fanno le cose. Vedere a spasso fra le macerie persone in pantaloncini corti e sandali – con l’aria di chi è lì solo per scattare qualche foto da far vedere la sera sul terrazzino di casa, magari vista mare, con davanti un piatto di carne alla brace – non fa piacere. Nella logica che il terremoto, per chi lo guarda da lontano, è poco più che uno spettacolo, c’è da attendersi di tutto e c’è anche chi si fa fotografare davanti a una casa ridotta in polvere e che quella notte è diventata una tomba. Eppure l’atteggiamento di coloro che entrano nel cuore della tragedia non è sempre, per fortuna, quello del “guardone”.

Ci sono i turisti rispettosi, quindi, e ci sono soprattutto i volontari, quei soccorritori della prima ora che oltre un anno dopo tornano per vedere come sta la gente che se l’è cavata, se qualcosa è cambiato davvero. Parisse conclude il tutto con un appello: “Mi viene solo da fare un invito a chi vuole venire a vedere le nostre macerie: non guardate solo ciò che è rimasto. Pensate anche a quello che c’era”. E chissà quando tornerà ad essere.

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Emiliano Condò