I crescenti e ineludibili impegni militari dell’Europa, che lo vogliamo o no, sono lì davanti a noi e tutti i paesi della vecchia Comunità (per distinguerli dai nuovi arrivati serbi, polacchi e romeni) devono affrontare, con diversi toni di dramma, il problema di fornire soldati.
Se l’Italia è il paese del melodramma anche nel caso di tragedie militari, la mortalità al fronte, afghano come iracheno, è stata ed è una croce anche in paesi ben più marziali del nostro, come la Germania e l’Inghilterra. Da quel che si legge, è la Francia la nazione europea dove c’è minore tensione sul tema e la risposta immediata che viene alla mente, quella che i francesi mandano in giro per il mondo la Legione straniera, fa venire un’altra idea, un po’ provocatoria, molto di destra per gli schemi mentali della sinistra birignao, ma non proprio folle.
Propongo uno slogan: Volete menare le mani? Vedetevela con i Talebani”.Chiaro, essenziale, facilmente traducibile nei nostri vari dialetti e anche nelle lingue straniere.
Detta così dà i brividi: facciamo una retata di tutti i violenti che ci tormentano l’esistenza, in tutta Europa, carichiamoli su aerei che li portino in campi di addestramento in qualche deserto, arruoliamoli in reggimenti multinazionali in cui la disciplina sia ferrea e l’opportunità per dare sfogo alla loro fame di violenza sia continua. Ricordate il film “Quella sporca dozzina”? Solo non dodici, ma migliaia e migliaia.
Troppo feroce? Ci sono limiti di legalità, di Costituzioni nazionali? Quando vogliono, i politici e i loro uffici legali sanno muovere le montagne. Trattiamo la violenza come una emergenza europea e ricordiamo che gli ex paesi dell’est non sono passati per mezzo secolo di dolce vita democratica e hanno in pancia una fame e una violenza di cui abbiamo avuto saggi recenti in Bosnia e chissà se ancora non ne avremo in Kossovo e di cui i fatti di Genova sono un ben misero ricordo. Avere allargato l’Europa a quei paesi è stato giusto per interessi tedeschi (quindi di riflesso nostri) e per acquisire nuovi mercati ai nostri prodotti). Ma non possiamo fare finta di niente, gli zingari sono il minore dei problemi, danno fastidio, sono molesti, rubacchiano e chiedono l’elemosina, ma non sono black bloc
Qualcuno dirà che gli italiani sono buoni d’animo, non sono adatti a combattere. Non prendiamoci in giro. Se non bastasse quel che emerge ogni tanto dai fronti caldi, quando si scopre che giovani italiani si sono arruolati come “mercenari” in forze private (“contractors”) di altri paesi (ricordate quel povero Quattrocchi ucciso dalla guerriglia in Iraq?), ci ricorda che anche da noi ci sono persone capaci di combattere. Il problema è il quadro di riferimento politico e organizzativo.
Lasciamo da parte la considerazione che fuori dalla disciplina in divisa degli alti comandi gli italiani inquadrati in formazioni irregolari come i garibaldini e i partigiani hanno anche saputo vincere, guardiamo all’oggi: ogni giorno ci interroghiamo sul dilagare della violenza, colonne di inchiostro reale o virtuale, metri e metri di pellicola tv reale o virtuale, su gente che picchia e anche uccide per un nonnulla.
La violenza la respiri in strada, ci sono dei paesi della provincia di Roma dove non devi osare di guardare la gente in faccia, perché rischi se non un pugno subito, almeno un insulto.
Abbiamo avuto una nostra città ex Superba messa a ferro e fuoco da bande di serbi i quali forse sentono la nostalgia del maschio esercizio della morte a spese altrui che garantiva loro la guida di conclamati criminali di guerra come Ratko Mladic, Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic.
Ogni domenica viviamo col fiato sospeso perché temiamo che bande di teppisti vestiti da ultrà mettano gli stadi a ferro e fuoco e una volta che sono state pubblicate le intercettazioni delle telefonate tra i loro capi siamo sprofondati nel terrore.
Ogni tanto bande più o meno numerose di violenti assediano le grandi città del mondo in nome di ideali ambientalisti che per definizione sono intrinsecamente incompatibili con la violenza praticata.
A fronte di questo, il problema che l’Europa ha di fronte è semplice. Non può permettersi di eludere gli appuntamenti della grande strategia americana, i cui interessi non sempre coincidono con i nostri ma complessivamente sì e guardano a oriente, alla Cina, come al nuovo nemico di una potenziale terza guerra mondiale: non a caso alle chiamate di aiuto americane hanno risposto con pari entusiasmo il destro Berlusconi e il sinistro Prodi.
I governanti europei devono però anche tenere conto della sensibilità, che si traduce in voti, di alcune centinaia di milioni di elettori che non vogliono ricordare che le sofferenze del secolo scorso sono frutto di errori politici, sicuro, di un militarismo folle, certo, ma anche della superficialità e della impreparazione dei paesi democratici dell’Europa occidentale e dell’incompetenza che reggeva i loro eserciti (mai come quella in genere dell’esercito italiano, ma qui c’era una dittatura guerrafondaia).
L’idea di una grande multinazionale e sovrannazionale legione straniera è così folle? Riflettiamo.
La tragedia nazionale seguita alla morte dei quattro alpini in Afghanistan è il simbolo più recente e anche più italiano del rovello. Da noi ci sono assurdità evidenti come la sopravvivenza di un corpo militare, gli alpini, destinato a difendere una frontiera che ormai non c’è più, a meno che non si tema una guerra con la Svizzera; e anche ai criteri di reclutamento, che non sono di oggi, perché se appare un po’ contraddittorio che un meridionale diventi alpino, è altrettanto assurdo che, ai tempi della leva, la Liguria rientrasse nell’area in cui prelevare.
Se poi questi corpi speciali servono per azioni umanitarie e anche a garantire un posto come sia a chi non se la sente di considerare rischi mortali nella carriera di un militare, meglio passare gli alpini alla Protezione civile, magari senza adeguare gli stipendi ai livelli bertolasiani dei suoi volontari di lusso.
Non si può non notare che scene come quelle che si verificano ogni volta che un povero soldato muore in missione, col presidente della Repubblica e le massime dignità schierate, faranno bene alla coscienza di chi li ha mandati a morire su lontani fronti di guerra, ma rischia di fare sprofondare in depressione quelle decine di migliaia di carabinieri e agenti di polizia, penitenziaria e finanziaria incluse, che, per cercare di garantire, a poco più di mille euro al mese, la nostra vita più o meno tranquilla, rischiano la pelle ogni giorno sulle strade e nelle città italiane, muoiono a decine ogni anno per mano di criminali o pirati della strada, ma che non risulta ottengano gli onori dei funerali di Stato. Già molti di loro, a quel che risulta, cominciano a chiedersi perché.