Mohammed Fikri esce di cella, dopo essere stato per due giorni l’assassino di Yara Gambirasio, almeno agli occhi dell’Italia. Appena uscito, una guardia del carcere gli ha chiesto scusa, proprio mentre gli apriva il cancelletto del penitenziario di Bergamo dove ha passato 48 ore.
Lui, che è stato preso forse per una traduzione sbagliata, per un’invocazione ad Allah che ha avuto cinque diverse traduzioni dai periti, ora vuole essere lasciato in pace, vuole chiedere i danni per chi ha chiamato assassini i suoi parenti. Appena uscito ai giornalisti ha detto: «Dovete scusarmi, ma non me la sentivo, vorrei solo dimenticare».
«Cosa farò nei prossimi giorni? Voglio andare in Marocco per le vacanze, ero quasi arrivato». E proprio in Marocco era diretto quando c’è stato il blitz dei carabinieri: «Poi ho sentito qualcuno che mi scuoteva e diceva sveglia, sveglia. Non capivo nulla, ma capivo che stavano cercando me». Adesso dice al Corriere della Sera: «Dove vado? Non lo dico, non voglio che nessuno mi veda».
Poi su quelle traduzioni approssimative, sui cartelli anti-immigrati commenta: «Io non credo che sia giusto quel che è successo. E credo che qualcuno debba pagare per questo. Mio cugino mi ha raccontato degli insulti ricevuti due giorni fa dai suoi amici. Erano in un bar e qualcuno gli ha detto che erano assassini. Non è giusto. E io non voglio essere ricordato come un mostro, perché non lo sono. Vorrei tanto che qualcuno lo dicesse ai genitori di quella povera ragazza. Voi razzisti? Non sta a me dirlo. Per me è stato difficile solo il primo anno, poi mi sono abituato. Se sto qui da cinque anni c’è un motivo, nessuno mi ha obbligato».
LE CINQUE VERSIONI DIVERSE «Allah mi perdoni non l’ho uccisa io», con questa prima traduzione Fikri è finito in cella accusato di avere ammazzato la tredicenne di Brembate di Sopra, Bergamo. L’ultima è stata «Dio, perché non passa? Dio, Dio». Poi ce ne sono altre tre: «Che Dio lo spinga a rispondere, Dio, Dio», poi «Dio, Dio, perché non vuole andare? Dio, Dio» e «Dio, perché non rispondi?» e ancora «Dio, perché non passa?». Tutta colpa del dialetto marocchino?