BERGAMO – Se le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio non hanno ancora portato a risultati, è per l’assenza di coordinamento tra polizia e carabinieri e la poca competenza della magistratura.
È un’accusa dura, resa ancora più pesante dal fatto che, a lanciarla, non sarebbero stati comuni cittadini o il politico di turno in cerca di polemiche o visibilità (Daniela Santanchè, solo per fare un nome) ma due membri delle forze dell’ordine che hanno partecipato alle indagini. I due presunti investigatori hanno infatti preso carta e penna e hanno scritto una lettera anonima all’Eco di Bergamo.
I due, tra le altre cose, dicono di essere stati toccati dalla vicenda “prima dal punto di vista umano ma poi anche da quello professionale”, vivendo “una surreale atmosfera di asfissiante smarrimento” e un “senso diffuso di impotenza e pessimismo sull’esito delle indagini”.
“Abbiamo assistito ad una gestione delle indagini da parte degli inquirenti perlomeno discutibile e oggettivamente farraginosa”, attaccano, “forse la chiave di questo insuccesso investigativo è da ricercarsi nella cronica assenza (storica) di sinergia tra carabinieri e polizia”, che “si ripropone in maniera antipatica e puntuale”, tanto che “le due forze dell’ordine invece di condividere mezzi, uomini e risorse, finiscono per nascondere alla controparte informazioni ed indizi, con l’unico risultato di non raggiungere mai il traguardo consolandosi che nemmeno i cugini sono riusciti a raggiungerlo”.
Viene poi definito “sconcertante”, il coordinamento delle indagini da parte della magistratura, che “si è dimostrata impreparata o per lo meno avventata”. E si cita come esempi l'”eclatante” arresto del cittadino marocchino, poi rilasciato, e il secondo sequestro dell’area del ritrovamento del corpo di Yara dopo che, in seguito a un primo dissequestro, per giorni ci era andato chiunque.
I due investigatori concludono dicendo che la loro lettera è “un’ammissione pubblica che se le cose a volte non vanno come dovrebbero, le responsabilità non si possono sempre camuffare”, e chiedono rispetto per i volontari, “preziosi per l’opera prestata sacrificando tempo e risorse personali in nome di un ideale sempre piu’ sbiadito nei cieli della nostra società: la solidarieta’”. “E scusaci Yara – è l’ultima frase – a nome di tutti noi, se sei finita per diventare motivo di un assurdo contendere investigativo”.