ROMA – Zanzare che uccidono altre zanzare. Zanzare geneticamente modificate sono state immesse nell’ecosistema del Guatemala per debellare la febbre dengue, che ogni anno causa milioni di morti. Il dna modificato di questi insetti causa la morte della loro prole quando si accoppiano con una zanzara “normale”. Questa soluzione per prevenire la salute umana ha però dei lati oscuri. Una volta immessi in un ecosistema esemplari con dna modificato, è impossibile individuarli e estrometterli dall’ambiente. “Giocare” con la manipolazione del dna di un insetto o di una pianta però innesca dei meccanismi dagli effetti non prevedibili. Possiamo dunque essere sicuri che i benefici che ne trarremo saranno maggiori dei pericoli che potremmo correre?
Modificare geneticamente un insetto affinché salvi le colture agricole può sembrare molto più ecologico che impiegare velenosi insetticidi, analogamente la Oxitec, società inglese che ha sviluppato l’ingegneria genetica per la modificazione del dna delle zanzare, ritiene che inserire nel corredo genetico di questi insetti un gene che li uccida prima di arrivare all’età adulta sia più efficace che sterilizzarli. Ma l’immissione degli insetti nell’ecosistema del Guatemala è stata fatta prima di accurati ed ulteriori studi sull’impatto che questa contaminazione ambientale potrà avere.
Lawrence O. Gostin, docente di leggi internazionali sulla salute della Georgetown University, ha detto: “Anche se non vi saranno danni, ciò minerà la credibilità a la legittimità degli effetti della ricerca stessa”. La Oxitec però non è d’accordo: l’approccio della società al problema è solo un altro metodo di sterilizzazione degli insetti nocivi, che invece delle radiazioni impiega l’ingegneria genetica. Il vantaggio di una semplice sterilizzazione secondo Luke Alphey, capo ricercatore della Oxitec, è che un insetto sterile difficilmente vincerà la competizione per giungere alla riproduzione, mentre un insetto “ogm” si accoppierà e trasmetterà il corredo genetico “difettoso”.
I test condotti dalla Oxitec nel 2010 nelle isole Cayman sulla popolazione delle zanzare hanno mostrato che il 16 per cento della popolazione nella zona contaminata è costituita dai maschi modificati geneticamente e che il 10 per cento delle larve possiede il gene difettoso che le porterà ad una morte prematura. In tre mesi la popolazione di zanzare del test si è ridotta dell’80 per cento, il che fa pensare che la soppressione della specie che veicola la febbre dengue sia possibile.
La sicurezza delle tecniche genetiche utilizzate secondo Alphey è legata al fatto che le femmine della specie sono sane e solo i maschi possiedono il gene malato e che l’impatto ambientale sarà minimo, perché le tecniche sono “squisitamente mirate a debellare uno specifico organismo”.
Ma la tecnica della Oxitec non può essere considerata perfettamente sicura. Alfred M. Handler, genetista del Dipartimento di Agricoltura di Gainesville, in Florida, ha fatto notare che anche nelle generazioni di zanzare allevate in laboratorio vi sono esemplari che sviluppano una resistenza alla mutazione che introduce il gene letale, e che indisturbate sopravvivono costituendo un veicolo sano per la diffusione della febbre dengue.
A confermare queste affermazioni è stato l’entomologo Todd Shelley, del Dipartimento di Agricoltura delle Hawaii, che su Nature Biotechnology ha pubblicato uno studio che dimostra come il 3,5 per cento della popolazione di tali insetti giunga all’età adulta nonostante il gene letale. Inoltre la popolazione femminile delle zanzare non è soggetta all’effetto del gene, e per ovviare a questo problema i ricercatori ne stanno modificando il dna affinché nascano senza ali. Un’ulteriore modifica che non permetterà alle femmine di volare e dunque di riprodursi o di poter infettare l’uomo.
I benefici di introdurre tali organismi negli ecosistemi sono ovvi: debellare malattie di cui insetti sono portatori, non solo come la febbre dengue che causa 25 mila morti ogni anno nel mondo, ma anche di malattie come la malaria, per cui non esiste una cura. Ma quali altre implicazioni potrebbero esserci per la salute dell’uomo? La verità è che i ricercatori oggi non sanno rispondere a questa domanda. L’ingegneria genetica applicata al dna degli insetti ripresenta gli stessi interrogativi che le organizzazioni mondiali della salute si posero all’impiego degli organismi geneticamente modificati nelle colture agricole. Oggi è impossibile sapere se ciò che giunge nel nostro piatto sia un ogm oppure no.
Potremmo allora chiederci quali siano i pericoli che l’uomo corre a contatto con organismi modificati geneticamente. La risposta al momento sembra essere nessuno, ma sarebbe più corretto affermare ad oggi non ci sono pericoli che siamo in grado di immaginare o prevedere con certezza. Immettere nella flora e nella fauna organismi il cui dna è stato manipolato non permette poi un controllo di tali organismi, anche se Stephanie James della Foundation for the National Institutes of Health ha rassicurato sulla questione dicendo: “Noi non mangiamo gli insetti”.
Ma gli ogm finiscono sulle nostre tavole e di certo non sarebbe né possibile né sensato testare il dna di tutto ciò che potremmo o vorremmo mangiare. Alcuni scienziati, per distinguere gli insetti modificati da quelli “normali”, hanno pensato di introdurre nel dna un gene che ne cambi il colore o che li renda fluorescenti. Potrebbe sicuramente costituire una soluzione anche per l’agricoltura, dato che sono molte le rassicurazioni sul fatto che gli ogm siano perfettamente commestibili, se non addirittura migliori in qualità.
D’altronde sono nati col nobile scopo di evitare l’uso di pesticidi velenosi e arricchirne le proprietà nutritive, in modo da debellare la fame nel mondo. Non rimane che da chiederci se saremo mai disposti a mangiare una mela che al buio diventa fluorescente, consapevoli che placherà la fame pur non sapendo se potrebbe avere effetti collaterali per la nostra salute.