
Risse da Bronx, guerrieri della notte a 13 anni. Tutta colpa della pandemia che comprime la socialità
Risse da Bronx, guerrieri della notte a 13 anni. Ovunque. Da Nord a Sud. Bande di ragazzini si fronteggiano e si menano.
I gruppi rivali si “convocano” sui social più diffusi , stabiliscono ora e luogo di scontro, e giù botte. Ma perché i ragazzi ora esplodono? Perché questi “regolamenti di conti” fra giovanissimi? Cosa c’è sotto?
Gli psicoterapeuti danno le prime risposte. In sintesi: è tutta colpa di una vita sociale in lockdown. Alberto Pellai, 61 anni, medico, ricercatore della Statale di Milano, una idea se l’è fatta. Sostiene che questi ragazzini se le suonano di santa ragione perché hanno voglia di “attenzione“.
Insomma i boy-scout alla rovescia sono imbufaliti perché “si sentono defraudati dei loro spazi di socialità“.
E poi: “È una sorta di chiamata alle armi, una messa in scena stile ragazzi della via PAL per dire ai grandi guardateci, siamo qui, abbiamo bisogno di rituali ed esperienze aggreganti”. Cioè le esperienze e i rituali che vivevamo in pienezza – prima del Covid – nello sport, all’oratorio. Tuttte attività ora ridimensionate.
Di qui la violenza scatenata perlopiu’ da una “socialità compressa”. E, come è successo a Torino, quando arrivano i carabinieri, se la danno a gambe, spariscono in un baleno prima ancora di scontrarsi.
Dunque la chiave di lettura di tante risse va ricercata soprattutto nella pandemia.
È la pandemia che mette in gioco nei contesti sociali, in modo caotico e irrazionale, “ l’energia vitale e pulsionale tipica degli adolescenti “.
Gli psicoterapeuti insistono: “Tra gli 11 e i 16 anni servono tantissimo le esperienze corporee ad alto tasso di sfida con gli altri e di competizione con se’ stessi . Se ai ragazzi togliamo questi contenuti e contenitori, loro non è che reprimono le energie. Le spendono in modo disordinato, in modalità fai-da-te”.
Come uscirne? Occorre fare attenzione e generare regole e modi per convivere col virus che non comportino la chiusura in casa per tanto tempo come sta accadendo a molti giovanissimi. Ergo la Dad è addirittura nociva. La scuola in presenza rimane il contesto di relazione per eccellenza. Viceversa la didattica a distanza non va bene perché fa perdere anche quella spinta vitale funzionale ad organizzare le giornate. A partire , al mattino, dal scegliere come vestirsi. La Dad lascia il ragazzino in pigiama.