È appena finita la sfilata della Giorgio Armani Uomo a Milano: una collezione vellutata, romantica, di gusto quanto mai francese. Glielo si fa notare: «ma io amo la cultura francese! Il problema è cosa c’entrano ormai loro con la cultura francese» replica lo stilista-imprenditore.
La polemica, garbata ma precisa, ormai è partita. Meglio dunque raccontare anche l’antefatto: lunedì prossimo, a Parigi, inizierà la rassegna di haute couture e Armani Privè, cioè l’alta moda femminile di ‘re Giorgio’, ha dovuto spostare la sfilata dalle 19 alle 21 (un orario infame che rende difficile il rapporto con giornali e telegiornali) perchè la maison Dior ha improvvisamente piazzato il suo secondo defilè nel tardo pomeriggio, scombinando il calendario.
Armani non l’ha presa benissimo: dirgli dunque che la sua sfilata maschile è molto francese è come dargli un assist e fargli tirare in porta. Coloro che non c’entrano più niente con la cultura francese sarebbero quindi (e forse non solo loro) quelli della maison Dior, che fa parte del gruppo Lvmh: «Loro si difendono con l’orario – dice ironico Armani – io mi difendo con i vestiti».
La decisione di Dior «certo ci ha scombussolato, anche perchè è arrivata a calendario ormai chiuso e senza spiegazioni. Anche la Camera della Moda Francese ci ha detto che a loro è stato semplicemente comunicato. Sì non è stato carino». Non è la prima volta che Parigi fa un dispetto ad Armani: nel 1988, addirittura gli impedì all’ultimo momento di fare la sfilata. I colpi bassi sembravano ormai cose del passato, ma evidentemente la crisi rende tutti più cattivi.
Armani sceglie comunque di non farsi condizionare dai dispetti: «Io a Parigi ci vado lo stesso, chi se ne frega!» dice e chiude per il momento l’argomento. Torniamo alla moda uomo: «questo è un maschio pensante, un moderno esistenzialista, uno che riflette su se stesso» spiega Armani, lanciando una frecciata alle donne che «dovrebbero preferire meno esibizione maschile plateale e scegliere un uomo che pensa, non un macho a tutti i costi che se non ha tre macchine in garage non è nessuno!».
Un bel ‘futurista romantico’ come l’uomo Armani, magari! Eccolo in passerella, con bomber di pelle, pantaloni e baschi di velluto, scarpe solide e perfino ghette di montone, robusti maglioni o giacche operate e collo sciallato, trench-caban setosi su gilet che fanno da giacchino, classici abiti armaniani che accostano vari grigi in un mix di texture diverse e coordinate tra giacca, revers, pantaloni e camicie.
I pantaloni di jersey si infilano negli stivali, la giacca-cardigan è abbotonatissima, molte le camicie, scintillanti di bianco ma anche morbidamente ton sur ton con i grigi e i blu. È tutto accostato al corpo in un un mix di caldo e morbido, di quasi militare e di elegante. Ma è il velluto il principe della collezione: è morbido ma maschile aiuta a definire il corpo, a liberarlo e illuminarlo. Armani lo sa bene e, tornato ormai in forma, esce in passerella vestito di luminoso velluto nero, lanciando allegramente il basco al pubblico.
