Madre e guerriera. Fragile all’apparenza quanto combattiva nell’animo. Consapevole del suo ruolo nella società ma vulnerabile al fascino dell’obiettivo fotografico. È il ritratto della donna araba del XXI secolo, anzi delle donne, protagoniste di una tavola rotonda in rosa organizzata a Beirut dal gruppo editoriale al Iktissad wal amal.
Donne col velo o senza veli. Sono due gli stereotipi che il gentil sesso deve affrontare nel mondo islamico: quello di «mamma tutta casa e moschea» e il suo opposto di «donna-immagine e oggetto del desiderio». Su questo tema, giornalisti e attivisti si sono confrontati per due giorni nella terza edizione del Forum delle donne arabe (Nawf).«I media sono uno specchio e restituiscono l’immagine che il pubblico vuole», ha commentato il massmediologo libanese Pascal Monin, interpellato dal caporedattore di al Arabiya Nakli al Hage, che a sua volta ha ironizzato su quelle giornaliste che passano ore al trucco mentre gli uomini preparano le notizie.
«Perché noi le abbiamo scritte il giorno prima – ha risposto May Chidiac – ed è rimasto anche il tempo per farci belle». Giornalista di fama internazionale, la Chidiac è un esempio di tenacia ed eleganza nell’universo femminile arabo: pare che dopo l’attentato del 2005 a Beirut nel quale ha perso un braccio e una gamba abbia chiesto una protesi che le permettesse di indossare ancora un “tacco dieci”.
La lady di ferro del giornalismo arabo ha affrontato Mahinur Ozdemir, deputata musulmana a Bruxelles, facendola scoppiare in lacrime durante uno scambio di battute sul velo, nel quale la parlamentare belga difendeva il copricapo islamico mentre la reporter libanese ne metteva in discussione l’ostentazione. A un dibattito dai toni vivaci non poteva che partecipare un pubblico critico pronto a bacchettare i relatori sulle omissioni specie nel seminario sul tabù della sessualità nei media.
«Perché parlate dell’attore egiziano Nur al Sharif senza dire che è gay?» ha domandato con tono di sfida Fatima Rida, giovane cronista del quotidiano al Hayat, al moderatore che aveva citato un generico scandalo sessuale. «Di sesso in Libano se ne parla poco e male e i giovani imparano tutto dai film e dai talk show» racconta Fatima.
Sui canali arabi spopolano serie americane che fanno decisamente a pugni con la tradizione islamica, come le popolarissime “E.R” e “Gray’s anatomy”. ‘«’Ma non è colpa dei format occidentali se donne o sessualità sono svilite nei media, quanto della mancanza di progammi adatti» ha commentato la docente libanese Nawand al Kaderi.
D’accordo con lei, la conduttrice televisiva giordana Nawja Arif: «È tutta una questione di toni. Basterebbe invitare ospiti competenti per discutere su temi quali l’omosessualità o i delitti d’onore». La Arif, donna di altri tempi nel suo tailleur blu ha ricordato Sofia Loren, icona femminile del passato: «Ecco, le ragazze di oggi dovrebbero guardare a lei – ha concluso – un modello che unisce passione e eleganza».