
Una parte del rialzo registrato dalle borse europee nelle ultime sedute è stato velocemente riassorbito, complice soprattutto un sentiment negativo da cui Wall Street non riesce proprio ad affrancarsi. Osservando i principali indici azionari internazionali, appare evidente come il disallineamento creatosi tra differenti aree geografiche vada via via consolidandosi: l’asincronia più marcata emerge appunto tra il comparto equity degli Stati Uniti e quello dell’area Euro, infatti Sp500, Dow Jones e Nasdaq hanno aggiornato i minimi delle quotazioni del primo trimestre, mentre gli omologhi europei al momento rimangono sì schiacciati all’interno di aree di congestione, ma tutto sommato con un discreto margine sui bottom di periodo.
È pur vero che considerando il cambio euro dollaro -negli ultimi mesi il biglietto verde si è fortemente apprezzato nei confronti della moneta unica, sfiorando la parità- la distanza si riduce, ma è altrettanto innegabile che attualmente gli indici azionari sembrano riflettere le politiche delle Banche Centrali di riferimento.
Politiche monetarie di Fed e Bce a confronto
Sulla stessa lunghezza d’onda si trova tradingonlinetop.com, sito che fa dell’approfondimento in ambito finanziario la sua mission. Gli esperti, cui fa capo la redazione, osservano come la Borsa Usa abbia iniziato a sottoperformare pesantemente il comparto equity globale da quando la Fed ha dato il via ad una lotta senza quartiere all’inflazione, alzando i tassi ufficiali di riferimento per ben due volte negli ultimi mesi, con l’incremento più recente di ben 50 Bps.
D’altro canto le piazze europee, dopo aver subito un forte contraccolpo con lo scoppio della crisi geopolitica in prossimità della scadenza del PEPP, hanno reagito positivamente all’annuncio del prolungamento del programma di acquisto di attività –APP– a causa del conflitto tra Russia e Ucraina. Naturalmente bisognerà capire per quanto ancora la BCE potrà indugiare, visto che la pressione sui prezzi al consumo inizia ad essere insostenibile anche in Europa; non a caso nelle ultime settimane Christine Lagarde nei vari meeting è apparsa meno dovish rispetto al passato.
La posizione delle Banche Centrali in questo momento è più che mai scomoda, poiché se da un lato vi è la necessità di porre un freno alla recrudescenza del problema inflazione, attuando una politica monetaria restrittiva, dall’altro con un irrigidimento della guidance si corre il rischio di impattare negativamente su un ciclo economico, che già sta subendo i primi effetti della contrazione dei consumi, dovuta proprio al costante aumento dei prezzi. A testimonianza di ciò i dati rilasciati nella reporting season delle quotate statunitensi, relativa al primo trimestre dell’anno: molte aziende hanno evidenziato numeri in calo, tuttavia sono le prospettive di crescita -ridimensionate- per i prossimi mesi a preoccupare maggiormente gli analisti.
La situazione dei mercati finanziari
Il rallentamento, come evidenziato dagli esperti di tradingonlinetop.com, sta interessando quasi tutti i settori: difatti sono stati colpiti i business legati alla cessione di beni o di servizi voluttuari, tanto quanto i business legati alla cessione di beni di prima necessità; a tal proposito non si può non citare il crollo in borsa di Walmart, avvenuto proprio dopo il lancio di un profit warning. L’ultima società in ordine di tempo a cadere al rilascio della trimestrale è il famoso marchio di moda Abercrombie & Fitch: la minor propensione agli acquisti ha causato, infatti, un crollo degli utili ed un deterioramento dell’outlook.
E se il mercato azionario non gode di ottima salute, il comparto dei bond non attraversa di certo una fase positiva: le politiche restrittive sul costo del denaro, com’è ben noto, causano un deprezzamento delle obbligazioni. Gli effetti dell’attività della FED sono già visibili, difatti il Treasury ha già raggiunto il 3% di rendimento per poi ritracciare e stabilizzarsi leggermente al di sotto di questo importante valore; la situazione in Europa è addirittura più complessa in quanto, nonostante ancora la BCE non si sia mossa, i debiti periferici sono già andati sotto pressione, causando un allargamento degli spread.