Un lungo articolo del giornalista americano Bob Colacello, pubblicato nell’ultimo numero dell’edizione americana della rivista mensile Vanity Fair e intitolato “Eredità all’italiana”, riassume e racconta l’intricata vicenda dell’eredità di Carlo Caracciolo, («nemico pubblico numero uno del capo fuori controllo del Governo italiano» Silvio Berlusconi) co-fondatore, azionista e ex presidente del settimanale l’Espresso, del quotidiano la Repubblica e di una catena di giornali locali, molti dei quali da lui fondati o sottratti alla chiusura già decretata.
Al centro della contesa, l’eredità di Caracciolo, valutata da Vanity Fair, agli attuali corsi di Borsa, intorno ai 200 milioni di dollari, inclusa una quota dell’11,7 per cento della società editrice delle varie testate, Gruppo editoriale l’Espresso spa.
A contendere l’eredità, da Caracciolo interamente lasciata alla figlia adottiva Jacaranda Falk Caracciolo, sono altri due giovani romani, i fratelli Carlo e Margherita Revelli, la cui madre, che ha messo al mondo altri tre figli dal legittimo marito, ha confessato in tarda età il doppio tradimento e ai quali Caracciolo avrebbe promesso l’adozione, senza peraltro poi dare concreto seguito alle parole spese né in tribunale né nel testamento.
L’articolo, basato su un serie di interviste condotte in Italia la scorsa estate e su quanto riportato dal Corriere della Sera nei mesi passati, ripercorre la vita privata e sentimentale di Caracciolo e può costituire una lettura appassionante per quanti preferiscono alle vicende del Grande Fratello le vicende di sesso, amore e interessi dei nobili e degli aristocratici.
Contiene un particolare finora inedito. Colacella rivela che a fornire ai fratelli Revelli il sangue della famiglia Caracciolo, al fine di rendere possibile l’esame del Dna, sono state le nipoti di Carlo, Marellina Caracciolo, figlia del fratello Nicola e Margherita Agnelli, figlia della sorella Marella: infatti quando i Revelli si sono fatti avanti per chiedere il prelievo, il defunto era stato già cremato, in esecuzione della sua volontà e in ossequio a una elementare prassi igienica.
Altra rivelazione, di minore momento, è che i tre figli di Giorgio Falk detestavano la seconda moglie dell’industriale milanese, l’attrice Rosanna Schiaffino, che, riporta Colacella, trattava i figliastri in modo orrendo e era molto crudele con loro.
Vanity Fair così riassume la vicenda: «Un anno fa, il funerale di Carlo Caracciolo, principe di Castagneto, duca di Melito, co-fondatore dell’Espresso e della Repubblica, ha riunito in suo clan allargato, un pezzo di élite che comprende gli Agnelli, i Borghese, i Visconti e i Pasolini. Ma dalla rivelazione che il suo cadavere, la fonte del Dna, era stato cremato per ordine della sua figlia adottiva, Jacaranda, ha preso l’avvio uno scandalo che potrebbe ridurre in pezzi l’intera famiglia».
Per questo l’articolo si propone di «esplorare l’intensa vita di Caracciolo e le pretese degli altri due presunti figli» e di «affrontare la domanda che si fa l’intera aristocrazia italiana: quanti eredi aveva Carlo».
L’articolo “esplora” la vita di Caracciolo nei suoi vari aspetti, dagli intrecci familiari e amorosi (con quale lacuna e qualche ritegno) alle vicende professionali (la nota «guerra di Segrate che vide contrapposti nella contesa legale, per il controllo della Mondadori, Berlusconi da un lato, dall’altro lo stesso Caracciolo e Carlo De Benedetti e che si concluse con la mediazione dell’imprenditore e attuale senatore pdl Giuseppe Ciarrapico»).
L’articolo analizza a fondo anche la spaccatura della famiglia Caracciolo, della quale fu elemento determinante l’ingresso nel clan di Jacaranda Falk, da Caracciolo adottata alla fine degli anni ’90, alla vigilia delle nozze con il principe Fabio Borghese.
L’articolo parla anche dei tre figli che Violante Visconti, moglie in tarda età e amore di tutta la vita di Caracciolo, ha avuto dal conte Pasolini dell’Onda e adombra il sospetto che due di loro siano in realtà figli del principe. Dopo la morte di Caracciolo, racconta Colacella, qualcuno ha avanzato il dubbio, ma la risposta dei tre (a uno di loro, produttore cinematografico, si deve il film “The full monty”) è stata netta: abbiamo conosciuto un uomo che ci ha dato un nome, un’educazione, una prospettiva di vita. Non ci interessa altro. L’eredità? Non ci sono solo i soldi nella vita.
Vale la pena di rilevare il contrasto con il comportamento dei giovani Revelli e della loro madre, che di fronte ai milioni di euro in ballo non si sono peritati di gettare sul defunto Carlo Revelli la taccia del cornuto e dell’impotente.
Una buona parte del dramma familiare ruota intorno alla tenuta di Garavicchio, al confine fra la Toscana e il Lazio, che per anni era stata una specie di buen retiro non solo dei tre figli (Carlo, Marella e Nicola) dell’ambasciatore Filippo (detestato dai suoi pari perché antifascista), ma anche dai suoi nipoti, in particolare Margherita e Edoardo, figlio di Marella e di Gianni Agnelli, suicida da un viadotto dopo essere stato diseredato dal padre, legatissimo a Carlo: lo considerava un altro padre, che però non lo giudicava.
Alla base del risentimento fra cugine sembra ci sia una questione di spazi “condominiali”: prima dell’avvento di Jacaranda, Garavicchio pare fosse una specie di casa comune, un albergo di famiglia in cui rifugiarsi, dove i vari zii, cugini e nipote dormivano un po’ dove capitava, anche in quella del capo clan, se Carlo era assente. L’arrivo di Jacaranda implicò delle delimitazioni territoriali e l’appropriazione di due stanze per i giovani principi Borghese e i loro bambini; cosa che Jacaranda conferma a Colacella, motivandola con un’esigenza difensiva rispetto all’ostilità manifestata contro di lei aprioristicamente dalle cugine.
Se non si trattasse di cognomi nobili e illustri, ma di poveri inquilini di bassi napoletani, si potrebbe chiedere sorridere e chiedere l’arbitrato di qualche autorità familiare. Invece sono in campo famosi avvocati, ma per il resto la natura umana sembra non fare sconti alla classe sociale.
E certo alcuni aspetti della natura umana trovano alimento anche in qualche cosa di più sostanzioso di una definizione di territorio tra donne. Forse la chiave di tutta la vicenda è nelle parole che Colacella attribuisce a Rossella Sleiter, moglie di Nicola Caracciolo e che forse spiegano meglio il disorientamento dei parenti: «Carlo una volta disse a Nicola: “Non ti preoccupare, non ho figli”».
