Facebook, il più grande “amico” dei divorzi
Nell’era di internet e dei social networks i fedifraghi hanno di che preoccuparsi. Secondo uno studio condotto dalla “American Academy of Matrimonial Lawyer”, l’80 per cento delle cause di divorzio americane inizia con la scoperta online del tradimento del partner e, vista la tendenza dei giudici ad ammettere prove telematiche di infedeltà come prove a tutti gli effetti, sono gli stessi avvocati a richiedere ai loro clienti di indagare su messaggi, foto o video compromettenti, ma molto utili nella battaglia legale per dividere ciò che una volta era amorevolmente condiviso.
Infatti “dedicare tempo alla ricerca di informazioni su internet” è quello che Ken e Leslie Matthews, avvocati di Denver, Colorado, suggeriscono ai loro clienti, perché internet “è un luogo dove si trovano dati privati che in genere non sono di facile accesso”.
Analizzando le prove depositate nella cause, si è visto che Facebook ha il primato sugli altri social networks, con il 66 per cento delle cause documentate, seguito dal 15 per cento di MySpace e dal 5 per cento di Twitter, e a confermare la sua efficacia come principale fonte di prove ci pensa un’indagine svolta dal sito britannico Divorce-Online, dove su 7 mila richieste di divorzio bel il 20 per cento si origina da tradimenti scoperti su Facebook.
Tra i siti incriminati troviamo anche “Match.com”, dove insospettabili mariti, o mogli, amorevoli, che in tribunale si battono per la custodia dei figli, dichiarano di essere single e senza bambini, e si confermano essere tra il 20 per cento degli adulti che hanno dei flirt online, come dichiarato in un’indagine di “Pew Internet” e “American Life Project”.
Come spiega Linda Lea Vinken, presidente dell’associazione che ha svolto lo studio, “oramai le prove raccolte sul Web sono molto comuni nei casi legali, e spesso si rivelano talmente imprevedibili da essere divertenti”, questo perché “la gente mette di tutto online, su di sé come sugli altri, e non c’è alcun tipo di controllo”, e questo è un aspetto che ha un ruolo importante nei processi, specialmente perché “giudici e giurati, quando vanno a casa, a volte si mettono davanti al computer e cercano informazioni sulle parti del processo: può bastare una foto per condizionarli”.
L’unico consiglio che gli avvocati danno ai loro assistiti, per tutelarsi dalle ripercussioni di una continua condivisione delle proprie informazioni personali, che in alcuni casi possono essere anche errate e fuorvianti, è quello di mantenere la propria privacy, anche se, come afferma l’avvocato Matthews, “nessuno sembra seguirlo”.