Per chi non è vissuto in Gran Bretagna la lezione numero 1 è che – esattamente come il vino – non tutte le birre sono uguali. La lezione numero 2 è che questa antichissima bevanda (inventata dagli antichi egizi, che la esportavano a Roma e in tutto il Mediterraneo) si suddivide in due principali grandi categorie: la lager e l’ale.
L’ale è un tipo di birra ottenuto con malto, orzo e lievito di birra. Il lievito fermenta rapidamente donando all’ale il suo corposo sapore fruttato. La gran parte degli ale contengono anche luppolo, che produce un sapore erbaceo amaro che attenua la dolcezza del malto e conserva l’ale a lungo. La lezione numero 3 è che a tracannare pinte di ale sono sopratutto i britannici, gli irlandesi e gli australiani (oltre a chiunque lo apprezzi occasionalmente più della lager, ottenuta con un procedimento del tutto diverso.
Il lettore si chiederà il perchè di questa digressione sull’ale, e la risposta molto semplice, è perche’ in Gran Bretagna, o dovremmo dire nel Regno Unito, questa è la National Cask Ale Week, ovvero la settimana dell’ale in botti di alluminio da cui viene spillato il dorato liquido. I britannici sono molto esigenti quando si parla delle loro birre e dei loro ale. Quindi la lezione numero 4 è di non commettere mai l’errore di entrare in un pub e ordinare ”una birra”. Il publican (il gestore del pub) vi guarderebbe con malcelato disprezzo, come farebbe un oste italiano se nel suo locale ordinaste ”un bottiglia di vino”.
Ora, la crisi economica ha seminato morte e distruzione tra i pub britannici, e conseguentemente la vendita di birra, di ogni tipo di birra, sono crollate. La National Cask Ale Week è quindi quest’anno non solo la tradizionale festa dell’ale alla spina, ma anche una campagna volta a pubblicizzare meglio, più al passo con i tempi, la bevanda tradizionale britannica. Ci vuole, scrive un blogger sul quotidiano The Guardian, quello che definisce ”una totale revisione contemporanea”.
Cogliendo lo spunto, Il Guardian ha pubblicato un Manifesto, ovvero dieci consigli su come ravvivare ed estendere il consumo di ale che, specialmente tra i giovani sta cedendo il posto alla lager, cui i maghi dell’advertising sono riusciti a dare un’immagine più giovanile. Ecco alcuni dei suggerimenti partoriti dal Guardian.
Prima di tutto smetterla di prendere in giro i ”lager boys” che bevono una birra frizzante come Coca Cola. Poi, ricordando che si è ancora in recessione, battere il tasto del prezzo, giacchè una pinta di ale costa da 50 centesimi ad una sterlina meno della lager.
La pubblicità. Mostrare anziani signori col panciotto di pelle o organizzare festival dove la musica più recente è quella dei Pink Floyd non va. Occorre farsi coraggio e attirare giovani con concerti di indie music.
C’e’ poi la questione della temperatura. Ancora non moltissimo tempo fa la Gran Bretagna aveva la reputazione di produrre tra le birre più buone del mondo assieme alla dubbia fama di servirle a temperatura ambiente, cosa che faceva giustamente inorridire i turisti. La birra, si legge nel Manifesto, deve essere fredda, sia che si tratti di lager che di ale.
Il peggior nemico dell’ale? I produttori di birra britannici che invadono il mercato con fondamentalmente melense e tediose birre color marrone dal sapore incerto. Produttori che ignorano quanto sta succedendo negli Stati Uniti dove cresce a vista df’occhio il gusto per le birre artigianali che stanno facendo scricchiolare quello che un tempo era il dominio incontrastato di birrette come la Budweiser, la Michelob o la Schlitz.
Il Manifesto del Guardian si chiude con il decimo consiglio, il più accattivante: ”La birra può rendere ubriachi, ed essere piacevolmente ubriachi va bene. Ci si trova quasi in uno stato di beatitudine. Ma nessuno celebra più questo stato. Tutti vogliono farvi moderare il bere, accostare la birra con il cibo che si mangia, gustare le complessità di un buon ale come quelle di un buon vino. Ma per favore! Chiudete la bocca e lasciate che la gente ordini un altro giro”.