”Il modo in cui il web ci fornisce informazioni – dichiara Carr in un’intervista al magazine New Scientist – cattura soprattutto il lato più primitivo del nostro cervello”. Infatti i nostri antenati erano avvantaggiati dall’essere sempre allerta spostando rapidamente l’attenzione da una cosa all’altra: ”Internet sta riportando il cervello a questa modalità di pensiero”.
Vi siete mai trovati a leggere un libro accorgendovi di non riuscire a seguire il filo con attenzione, di distrarvi continuamente, senza riuscire ad abbandonarvi pienamente alla narrazione? Secondo Carr è colpa di internet e di come ci ha abituati a pensare. E’ come se internet stesse riprogrammando il nostro cervello rendendo più attivi (o per meglio dire iperattivi) quei circuiti che ci servono per dare occhiate fugaci a una cosa e poi a un’altra, che ci rendono flessibili a cambiare subito pensiero o attività, che ci permettono di scorrere rapidamente, ma superficialmente, un libro o un documento.
In questo modo secondo Carr internet sta spegnendo i circuiti cerebrali della “profondità”, della concentrazione, del pensiero profondo e contemplativo. E dunque, sempre secondo Carr, ci abituiamo ad essere più superficiali e iperattivi e meno meditabondi. Vi sembra un bene? Non cadete nella rete, il pensiero profondo infatti è linfa vitale per la nostra creatività, per la capacità critica e la memoria a lungo termine.