Italiani malati di sesso, anzi di cybersesso. Anche nel nostro Paese si sta velocemente diffondendo questo “disturbo”, tanto che l’8% degli italiani ne soffre.
Qual’è l’identikit del malato di “cybersex addiction”? Uomo sposato, eterosessuale, tra i 33 e i 55 anni che trascorre in media 11 ore alla settimana connesso alla rete. Il dato è emerso al seminario che si è svolto a Roma dal titolo “Cybersex: forme attuali di dipendenza sessuale”, organizzato dall’Istituto di sessuologia clinica della capitale.
Ma gli immateriali byte della rete non sembrano più bastare alla sete di erotismo dei cyberdpendenti e dall’estero tornano vecchi feticci aggiornati all’era dell’hi-tech. Tra i sex-toys più richiesti c’è l’ «I-talk» (il cui nome richiama la marca di un famoso lettore mp3), un vibratore che si mette in funzione a ritmo di musica o attraverso l’invio di un sms, magari del proprio partner, che «attiva il piacere» a distanza.
Oppure la «Boxxx», un dispositivo dalla forma dei genitali maschili o femminili, che si collega al televisore riproducendo le stesse sensazioni in base a ciò che si sta guardando in tv. Secondo i dati del Centro di Ricerca e trattamento per la dipendenza sessuale, i “drogati” del cybersex in Italia sono l’8% (79% maschi), di cui il 63% sono eterosessuali.
Il 61% dei dipendenti da sesso virtuale, che arrivano a trascorrere in rete fino a 45 ore a settimana, sono sposati, il 47% single e il 14% divorziati. Ma se per gli uomini gli incontri reali dopo i contatti virtuali sono il 33%, per le donne sono l’80%. Almeno per loro in molti casi la realtà supera la fantasia.
