La Gelmini (forse) non lo sa, ma la scuola solo etnica c’è già

La battaglia di Mariastella Gelmini alle “classi ghetto”, cioè quelle formate soprattutto da alunni non italiani, pare destinata a risolversi in un nulla di fatto, almeno nei quartieri multietnici delle grandi città. Il tetto del 30 per cento agli studenti stranieri nelle prime classi, voluto dal ministro dell’Istruzione, risulta spesso inapplicabile.

È il caso dell’istituto comprensivo Laparelli di Roma, nato dall’accorpamento dell’ex scuola elementare Pisacane e della media Pavoni, che riprenderà le lezioni con una classe formata solo da bimbi stranieri.

Nella prima B della scuola elementare, infatti, tutti i 19 alunni saranno di origine non italiana, con una prevalenza di bambini cinesi e bengalesi. «L’unico italiano iscritto ha chiesto il nulla osta per il trasferimento – dichiara la preside Flora Longhi – Ma contiamo di invertire il trend e siamo fiduciosi: ci sono stranieri che si trasferiscono e lasciano la scuola per tornare nei propri paesi d’origine, anche se altri immigrati arrivano dal nord Italia».

La mamma del bambino che si è ritirato, tiene però a specificare che i motivi della sua scelta nulla hanno a che fare con la composizione delle classi. Tanto è vero che ha iscritto il figlio in un’altra famosissima scuola multietnica della Capitale: la Di Donato.

Su 39 studenti di prima elementare del Laparelli, solo due a questo punto saranno italiani. Ma i genitori dicono di non temere il melting-pot e di considerarlo una ricchezza. E aggiungono: «Quelli che chiamano stranieri, in realtà sono italiani come i nostri figli: hanno frequentato la stessa scuola materna, parlano perfettamente la lingua e apprendono molto più in fretta».

Il Laparelli non è però l’unico istituto ad aver ottenuto una deroga al tetto del 30 per cento. A Milano, per esempio, ben 48 scuole della provincia supereranno la percentuale prevista dal Ministero. Tra loro figurano anche le elementari di via Paravia, che nel 2009 non avevano nessun bimbo italiano iscritto in prima e quest’anno, invece, ne conteranno solo 2 su 21.

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Marco Benedetto