Lucia Bosè: “Adoro gli angeli, ma ho sposato un diavolo”

Lucia Bosè

Lucia Borloni, alias Lucia Bosé, si racconta al Corriere della Sera. Lo fa in un’intervista a Elisabetta Rosaspina, concessa dalla sua casa-rifugio spagnola, in un villaggio di cinquanta abitanti a pochi minuti da Segovia.

Qui tre angeli testimoniano i resti di quello che è stato il suo Museo degli angeli di Turégano, chiuso per mancanza di fondi. “Ma la collezione, ci tiene a sottolineare l’attrice,  è stata esposta a Castel Sant’Angelo e alla Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma”.

Un amore, quello per le creature angeliche, che dimostra la sua apertura al soprannaturale: “Ho fede in Dio, perché sono sicura che sia una donna. Se esiste non può essere di certo un uomo. L’uomo vuole possedere ciò che crea. La donna si limita ad amare la sua creazione. L’uomo è potere assoluto, la donna puro amore”.

Adora gli angeli, ma confessa di essere irrimediabilmente attratta dai diavoli: “Anche mio marito, il torero, lo era. Tutt’al più gli era rimasta attaccata una piuma di angelo”.

Il torero è Luis Dominiguin, non un torero qualunque. E per Lucia neppure un uomo qualunque. Ma come tanti uomini, straordinario lo era anche nella vita di coppia e nell’infedeltà: “Me ne ha fatte troppe, ammette Bosè, Ma con lui ho vissuto anni incredibili. Devo ammetterlo, ero una privilegiata in Spagna, durante il franchismo. Il torero era invitato ovunque: alle battute di caccia con Franco, ai ricevimenti, alle feste con i più grandi ballerini di flamenco. Viaggiavamo con l’aereo privato, i bambini, la tata. A Marbella, Biarritz, Bilbao. Avevamo una tenuta a Cuenca e un’altra in Andalusia”.

Un mondo dorato, con la consapevolezza però di quanto stava accadendo attorno: Il torero cercò di intercedere per Pablo Picasso, nostro grande amico, esiliato in Francia. Ne parlò con Franco: lascialo tornare. Può tornare quando vuole, rispose lui. Ma si temeva che poi non lo avrebbero fatto più uscire dal Paese. Però posso soltanto dire di aver vissuto bene in quel periodo.  Eravamo un bel gruppo”. Pablo Picasso, “piccolo, ma forte e sano. Un torello. Anzi un gigante in confronto a Hemingway, che invece mi deluse. Mi ricordavaun impiegato delle ferrovie”. Salvador Dalì: “Un genio. Divertente, esuberante, sempre in vena di scherzi con il torero”. Sua moglie Gala: “Antipatica”.

Sposata ad un torero, Lucia non era però un’appassionata di corride: “Ne avrò vista una. Guardavo il torero provare i giovani tori in campagna, avevamo un allevamento. All’epoca mogli e fidanzate dei toreri non frequentavano l’arena come adesso, per poter dire oy, come soffro! Sposati un impiegato se stai tanto male, dico!”

Ma non è sempre stata così, la vita di Lucia Bosè. Nata a Milano, visse con la famiglia nel rione di Porta Vigentina. “Quando avevo 8 o 10 anni facevo ginnastica artistica e le altre ragazze mi dicevano: tu sei diversa da noi, noi ci sposeremo con gli operai della fabbrica. Ridevo: allora vuol dire che io sposerò il padrone!”

E la svolta arrivò, anche se non servì un matrimonio. Nel 1947, a 16 anni, vinse Miss Italia. Una catapulta verso Cinecittà, gli amori celebri, la cronaca rose, la ribalta internazionale. Una vita da sogno, tutt’altro che finita. “Di sogni, dice, ne ho altri mille da realizzare”.

Published by
Maria Elena Perrero