ROMA – Nostradamus, Napoleone, Karl Marx ( e anche Groucho), Augusto e Leonardo e Bogart e Beethoven. L’ultima frase prima di morire per ciascuno di loro è stata…
Tutti molto presenti e attaccati al ruolo e all’immagine che fu la loro in vita. Scorrendo le frasi che i grandi della Terra hanno pronunciato in punto di morte, è questo il dato che viene fuori. Il sarcasmo e la fredda obiettività di chi dedicò la vita alla scienza come il coraggio di chi fu un condottiero o uno statista. E soprattutto una grande lucidità, e almeno apparente serenità, di fronte a quel momento che tutti noi, forse eccezion fatta per chi crede intimamente in una qualche forma di aldilà, temiamo più di ogni altro.
Come ci comporteremmo, e come ci comporteremo quando sarà giunta la nostra ora è un’interrogativo che ogni uomo ed ogni donna, in forma più o meno seria, si pone e si è posto nell’arco di un’esistenza. Risposte sicure, ovviamente, non ce ne sono, e tra l’altro non tutti hanno la fortuna o la sfortuna di sapere quando sarà giunto il momento di accomiatarsi. Quel che è però facile immaginare è che, andando incontro ad un qualcosa di ignoto, la paura possa giocare un ruolo determinante. Eppure, almeno leggendo le frasi messe in fila da Francesco Tortora sul Corriere della Sera, la paura non compare di fatto mai sulla bocca di chi sta morendo e ne ha coscienza.
Certo, prendendo in esame le ultime parole di personaggi come Augusto o Napoleone, di Karl Marx o Beethoven, si parla di uomini che hanno avuto una vita piena e ne hanno consapevolezza. Condizione che rende almeno in linea teorica più facile avere uno sguardo sereno sul proprio passato. E poi c’è il tema religione. Chi crede, crede in una vita dopo la morte. E quindi chi crede veramente, nel cuore e nell’animo, potrà opporre alla paura questa convinzione dell’esistenza di un ‘dopo’. Ed in fondo è questo il motivo primo e ultimo per cui l’uomo ha sentito la necessità di dotarsi, in ogni epoca e civiltà, di dei e aldilà.
Anche al netto di queste considerazioni fa però comunque effetto pensare a Napoleone che, in esilio a Sant’Elena, in punto di morte va col pensiero a “Francia, esercito e Giuseppina”. La sua prima moglie e i suoi due punti cardine di un’esistenza. Oppure ad Augusto che, a seconda delle versioni, salutò la vita terrena dicendo: “Ho trovato una Roma d’argilla e la lascio di marmo” o “Ho interpretato bene la mia parte? Allora applauditemi pure!”. Condottieri in vita come in punto di morte.
Come, allo stesso modo, gli scienziati rimangono scienziati e tutti continuano ad interpretare il ruolo che hanno avuto in vita. Archimede, il celebre studioso siracusano che morì durante la Seconda Guerra Punica per mano di un soldato romano, gridò al legionario che lo aveva pugnalato: “Non rovinare, ti prego, i miei calcoli”. Leonardo Da Vinci, prima di esalare l’ultimo respiro, fu critico verso se stesso: “Ho offeso Dio e gli uomini, perché il mio lavoro non ha raggiunto la qualità che dovrebbe avere”. O ancora Darwin che da buon scienziato affermò: “Non ho la minima paura di morire”.
E poi Groucho Marx, comico che non perse mai la sua ironia: “Questa non è vita!”. Ed Humphrey Bogart: “Non avrei mai dovuto passare dallo Scotch al Martini”. E Nostradamus che si accomiatò con una previsione: “Non mi troverete vivo all’alba”.
Esistono poi diverse versioni sulle ultime parole di Beethoven. La prima narra che il grande compositore avrebbe dichiarato: “In Paradiso tornerò a sentire” (Beethoven era sordo n.d.r.). La seconda che abbia detto in latino: “Plaudite, amici, comedia finita est – Applaudite, amici miei, la commedia è finita”. Infine, l’ultima versione, che è forse la più umana tra tutte quelle ripercorse, afferma che ad un editore che era andato a trovarlo portando in dono 12 bottiglie di vino, disse amareggiato: “Peccato. Ormai è troppo tardi”.