Oktoberfest in Palestina: birra, feste e bevute parlano anche arabo

Cisgiordania e Oktoberfest: un binomio che può suonare strano, ma solo perché non conoscono ancora Nadim Khury. Palestinese, creatore della prima etichetta di birra prodotta nei Territori occupati, Nadim è solito presentarsi come un “uomo con una missione: far svuotare boccali a tutti”.

Per riuscire meglio nel proprio intento Nadim ha importato, oltre alla bevanda al luppolo, anche il tradizionale festival di cui la birra è protagonista assoluta, l’Oktoberfest.

In barba alle incertezze sul futuro di una terra che negli ultimi mesi ha proiettato qualche segnale incoraggiante in termini di crescita economica relativa, ma che continua a pensare a una dimensione di normalità e stabilità come a un sogno.

Da Monaco di Baviera a Taybeh: da una decina di anni l’Oktoberfest parla dunque anche arabo. Naturalmente si tratta di una versione in scala ridotta del famoso festival bavarese, celebrata in questo villaggio a maggioranza arabo-cristiana in concomitanza con l’originale e in un singolare mix di rigore filologico e atmosfera e sound locali.

Anche quest’anno, il Festival si è chiuso domenica con un notevole successo di presenze, facendo registrare un tasso di gradimento proporzionale a quello del consumo di birra, per due giorni cantanti di jodel in calzoncini verdi e bretelle, l’abito tradizionale del sud della Germania, si sono alternati sul palco con band come il ‘Ramallah Orthodox Club’, gli ‘Zaman Arabic Gipsy Music’.

Tra gli intervenuti, decine di migliaia, non sono mancati molti israeliani. “Chiunque è il benvenuto – ha spiegato il patron della manifestazione – arabi, cristiani, ebrei, c’é posto per tutti”. L’elemento unificante è uno solo: il desiderio di far festa, brindando a più non posso.

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Alessandro Avico