Perché ci perdiamo? L’orientamento dipende dal cervello: le donne hanno più memoria visiva, mentre gli uomini trovano la strada seguendo una “bussola naturale”

Meglio dire addio alle sfuriate e alle liti fra amici dopo giri infiniti alla ricerca di una strada: inutile prendersela con il più disorientato, non è colpa della poca concentrazione ma del cervello. Per alcuni trovare la retta via è come uscire da un labirinto infinito, mentre per altri è semplicemente un gioco. Il problema è capire perché e a svelare l’arcano è il professor Colin Ellard, psicologo e studioso dell’Università di Waterloo, che ha investigato sulle differenti abitudini di uomini e animali quando devono orientarsi.

A volte le mappe mentali ci tradiscono e perdiamo l’input giusto che ci consente di venire a capo di un intricato percorso. Probabilmente la natura di questi comportamenti dipende dal profilo genetico, ma osservando le società tradizionali, come gli aborigeni australiani, si comprende che l’abitudine all’orientamento è coltivata nel tempo, a seconda degli strumenti che si acquisiscono dall’osservazione dell’ambiente circostante. Il cervello seleziona delle immagini chiave, poi le memorizza, riutilizzandole in caso di necessità come punti di riferimento.

Questo escamotage naturale per trovare la strada è tipico delle donne, mentre gli uomin si muovono secondo una sorta di bussola interna che consente loro di sfruttare la sensibilità personale ai punti cardinali (nord, sud, ovest, est). Insomma i vagabondi cronici possono tirare un sospiro di sollievo, il loro cervello prima o poi li aiuterà.

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luiss_smorgana