Nel mondo, ogni minuto, una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza e al parto, 20 sono vittime di infermità, 29mila bambini muoiono prima di aver compiuto 5 anni per cause prevenibili. E’ questo il bilancio di morte tracciato dal “IV Rapporto 2010, conto alla rovescia per gli obiettivi di sviluppo del Millennio per la salute”.
“Cinque milioni di morti ogni anno per tubercolosi, Hiv/Aids e malaria”. Il documento stilato dalla rete di Ong “Azione per la salute globale”, è stato presentato oggi 27 aprile a Roma, a cinque anni dallo scadere del termine fissato per il raggiungimento degli impegni assunti nel 2000 dai leader mondiali. Alle morti di mamme e bambini, si aggiunge un altro dato: cinque milioni di persone vengono uccise ogni anno da tubercolosi, Hiv/Aids e malaria. Quindi la richiesta ai governi dei paesi europei di “rispettare le promesse fatte” e di “destinare lo 0,1% del Pil alle azioni per il miglioramento delle condizioni di salute nei Paesi in via di sviluppo. Solo con tale percentuale di finanziamento sarà possibile cominciare a colmare il diario finanziario che si frappone al raggiungimento degli obiettivi del millennio per la salute”.
L’Europa è il maggior donatore al mondo per quanto riguarda la spesa complessiva, ma è ancora indietro per la percentuale destinata alla salute: nessun donatore raggiunge l’obiettivo minimo fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Solo la Gran Bretagna si avvicina all’obiettivo, con lo 0,058% del Pil. L’Italia invece è la più lontana, con lo 0,025%.
Obiettivi entro il 2015. I risultati da raggiungere entro il 2015 sono: ridurre di due terzi la mortalità infantile sotto i cinque anni; ridurre di tre quarti la mortalità materna e garantire l’accesso universale ai servizi per la salute riproduttiva; contrastare e arrestare la diffusione di Hiv/Aids, malaria, tubercolosi e altre gravi malattie. Il Rapporto indica tre punti dai quali partire: promuovere l’accesso gratuito all’assistenza sanitaria per i più poveri; potenziare le risorse umane impiegate in sanità nei paesi in via di sviluppo; garantire il coinvolgimento delle comunità locali nei processi decisionali e integrare un approccio di genere in tutte le politiche, i programmi e i progetti per la salute.