Dopo oltre 60 anni di regole immutate e immutabili, lo Scarabeo cambia la sua “legge” più ferrea e ammette i nomi propri. La rivoluzione, fa sapere la Mattel, editore della versione americana “Scrabble”, sarà messa in atto da luglio allo scopo di “coinvolgere di più i giovani”. “Saranno ammessi i nomi propri”, ha annunciato il portavoce dell’azienda americana.
Un supporto per i giovani. Un “aiutino” a quanto pare, per i giovani di oggi, che hanno un vocabolario così limitato da dover essere integrato con nomi di persone, magari quelli dei cantanti preferiti, per riuscire a cimentarsi in un gioco da tavolo. Forse senza sforzarsi troppo. Il regolamento stravolto, infatti, risuona come un campanello d’allarme che annuncia la vittoria della banalità sulla cultura, dello sforzo sul “gioco facile”, cui la “generazione videogame e Playstation” sembra ormai abituata.
Internet e cellulari. C’è chi incolpa il linguaggio, sempre più utilizzato, derivante da Internet e dal telefonino. Come una ricerca della Lancaster University di qualche settimana fa, secondo cui gli adolescenti usano solo 800 parole per parlare con i coetanei. E peggio: un terzo delle conversazioni si basa su venti parole, sempre le stesse.
Pienamente d’accordo l’Accademia della Crusca, che ha lanciato un appello a tutelare la lingua italiana: “Gli studenti che incontro all’università – dice il filologo Cesare Segre – sanno poche parole, non sono capaci di costruire parole complesse e fanno errori di ortografia gravissimi. Questo significa che non hanno il dominio della realtà, perché la lingua è il modo che abbiamo per connetterci con il mondo”.
La scuola. Per gli accademici il difetto è nell’origine: su cento professori di italiano solo una decina ha studiato linguistica o storia della lingua italiana. Monta la protesta, intanto, tra le associazioni dei giocatori. “Non passeremo mai al nuovo regolamento nei tornei internazionali”, tuonano seri.
A spezzare una lancia a favore dei giovani – non etichettabili sempre e comunque come la “generazione senza cultura e senza futuro” – ci pensa il web. I ragazzi, infatti, stanno riscoprendo il piacere dell’italiano in Rete anche attraverso i blog, fa sapere il Comuniclab dell’università La Sapienza di Roma, che ha studiato i blog di 50 adolescenti. Il numero delle parole usate è ben superiore alle 800. Non tutto è perduto.