Suor Elena Aiello, la prima santa di Calabria: “Una carezza di Dio”

Suor Elena Aiello durante una sudorazione di sangue

ROMA –  Mercoledì 14 settembre a Cosenza verrà beatificata dal cardinale Angeli Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e rappresentante del Papa, suor Elena Aiello,  la “monaca santa”.

Oltre quindicimila persone hanno chiesto il pass per accedere alla beatificazione, che per questo è stata spostata da piazza dei Bruzi, dove si sarebbe dovuta svolgere inizialmente, allo stadio di San Vito, che così ospiterà per la seconda volta una cerimonia religiosa di grande importanza. L’altra fu in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II a Cosenza, nell’ottobre del 1984.

A tutti coloro che arriveranno per prender parte alla beatificazione verrà consegnato all’ingresso nello stadio il kit del pellegrino (fazzoletto, spilla, libretto, coroncina…).

L’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, ha definito suor Elena ”una carezza di Dio per la nostra Chiesa”. Nella sua figura ”emergono con chiarezza i tratti distintivi della calabresità: il coraggio di osare, la tenerezza e la forza, la completa fiducia in Dio”.

La storia di suor Elena è quella di un personaggio straordinario, pieno di slanci generosi anche se chiaramente figlio del suo tempo.

Nel 1928, la trentatreenne suor Elena, che aveva preso i voti qualche anno prima, assieme a Luigina Mazza, iniziò a dedicarsi all’educazione dei figli del popolo nel centro storico di Cosenza. ”Approvata la Congregazione delle Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, nel 1949 – prosegue l’arcivescovo – altre giovani che si erano unite a loro emetteranno i voti perpetui, ma ci vorrà il 1956 per celebrare il primo Capitolo della Congregazione nel corso del quale Elena verrà eletta prima madre generale. Da allora diventa inarrestabile e continua l’opera di accoglienza e di carità”.

”Elena, già chiamata in vita ‘Monaca santa’ da quanti ebbero il dono di conoscerla e di apprezzarne l’opera – sostiene ancora l’arcivescovo – è per la nostra Chiesa, per la nostra terra, una carezza di Dio. In mezzo al travaglio e alle ferite, tra tante sofferenza, Dio ci carezza con il dono di questi preziosi fiori che nel giardino della Chiesa spandono il profumo di Cristo”

Suor Elena Aiello, fondatrice delle Suore Minime della Passione, benefattrice e, secondo la Chiesa, operatrice di miracoli, sarà anche la prima santa calabrese.

Ma chi è Elena Aiello? Nata a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, il 10 aprile del 1895, da Pasquale, sarto, e Teresa, morta nel 1905, lasciando al mondo otto figli tutti dediti, per necessità, ad aiutare il padre, sin da subito Elena manifestò segnali di una religiosità molto spiccata: a quattro anni ripeteva a memoria le formule del catechismo, a sei anni andò alle scuole elementari delle Suore del Preziosissimo Sangue, dove ogni mattina si raccoglieva in preghiera nella cappella. Già ad otto anni le suore la portavano con loro per abituarla ad insegnare ai più piccoli.

Durante la prima guerra mondiale la ventenne Elena passava le proprie giornate assistendo i malati dell’influenza spagnola, che colpì duramente la Calabria. Insieme a lei, al fianco dei malati nonostante il rischio di contagio, le Suore del Preziosissimo Sangue, o Preziosine. Proprio dalle Preziosine Elena Aiello diventerà suor Elena, consacrandosi a Dio come monaca il 18 agosto del 1920.

E a questo punto ha inizio la “seconda vita” di Elena, quella dei miracoli – almeno per chi ci crede. “Un giorno, racconta il sito Profezie per il Terzo Millennio”, la Madre Generale, mentre saliva le scale, da un finestrino la vide nella lavanderia distesa a terra. Subito venne sollevata e messa a letto. Si constatò che dall’omero sinistro fino al collo era tutto nero. Fu chiamato il medico che consigliò un intervento chirurgico. Ma si tardò ad operare, mentre insorgeva una febbre persistente. Le Suore decisero allora di farla operare dallo stesso medico della comunità, assumendo esse ogni responsabilità”.

“Il 25 marzo 1921 (martedì santo), nello stesso dormitorio, seduta e legata ad una sedia, Elena sopportò l’asportazione della carne annerita, senza anestesia, neppure locale; tenendo tra le mani un piccolo crocifisso di legno e avendo di fronte un quadro dell’Addolorata. Insieme alla carne annerita, il medico tagliò anche dei nervi, tanto che la spalla rimase immobile e la bocca serrata. L’impressione lasciata sulla sofferente fu tremenda; per circa quaranta giorni fu tormentata dal vomito”.

A quel punto il padre. Pasquale, “molto preoccupato per la condizione di Elena, la portò a Cosenza per farla visitare. Il professore che la esaminò, così concluse: ‘Niente posso farti, figlia mia, perché sei stata rovinata; il medico che ti ha operato… non è un chirurgo; sono stati tagliati dei nervi…; solo un miracolo potrà risolvere il tuo stato di salute; ormai è già in atto la cancrena!’.” Poco tempo dopo all’Ospedale Civile di Cosenza le venne diagnosticato un cancro allo stomaco.

A quel punto Elena si rivolse con preghiere a Santa Rita domandando la guarigione dal nuovo male che l’aveva colpita. Nei suoi appunti, la “monaca santa” racconta che, mentre pregava, vide la statua di Santa Rita circondarsi di fulgori abbaglianti. Nella notte la Santa le apparve e le chiese di istituire a Montalto il suo culto per ravvivare la fede di quella gente, domandando ad Elena di fare un triduo in suo onore.

Il giorno dopo Elena ritornò a Montalto e incominciò il triduo a Santa Rita. Una volta completata l’opera, la visione si ripeté: il triduo, diceva la Santa, andava ripetuto. A quel punto Elena sarebbe stata guarita dal grave male allo stomaco. Le sarebbe rimasta l’infermità alla spalla, dovendo soffrire per i peccati degli uomini.

“E in effetti, racconta il sito Profezie, il 21 ottobre del 1921, Elena ebbe la grazia della completa guarigione dal tumore gastrico. La sorella Evangelina dalla camera attigua vide una forte luce che attraverso la fessura della porta si irradiava dalla stanza di Elena, e credendo si trattasse di un incendio si precipitò nella stanza della sorella. Si accostò al suo letto, vide che Elena era come assopita priva di sensi e preoccupata chiamò gli altri familiari, temendo addirittura che fosse morta. Rientrando nella stanza trovarono Elena assolutamente normale che raccontò loro la visita di Santa Rita, la guarigione, le parole della visione; dopo chiese qualcosa da mangiare”.

Ma l’evento principe nella vita della monaca avvenne due anni dopo, il 2 marzo 1923. Elena era a letto sofferente per la piaga cancrenosa alla spalla sinistra. Stava leggendo il  nono venerdì di San Francesco di Paola, dedicato alla povertà del patrono di Calabria, quando le apparve il Signore vestito di bianco, con in testa la corona di spine. Le chiese – racconta sempre il sito Profezie – se volesse partecipare alle sue sofferenze. Elena disse sì. “Il Signore le comunicò che voleva quella sofferenza per convertire i peccatori, per i molti peccati d’impurità, e lei doveva essere vittima per soddisfare la Divina Giustizia”.

“Allora il Signore, togliendosi dal Suo capo la corona, la poneva sul capo di lei. Elena iniziò a sanguinare progressivamente, al capo, alle mani, al costato, ai piedi. Ed i piedi in particolare presentavano una singolarità spettacolare: da una relazione medica si legge che essi risultavano ‘forati da parte a parte, come si è verificato spingendo uno stecco di legno attraverso tutte e due le piante, come se veri chiodi le avessero traforate’.” Insomma, come se avesse ricevuto le stimmate.

“Il sanguinamento delle stigmate, era così copioso da inzuppare la biancheria in cui ella era avvolta Talvolta, come affermato da alcuni testimoni, nel corso del suo rivivere il martirio di Gesù, si presentava anche il fenomeno della ‘levitazione’ del suo corpo dal lettino. Il dottor Caracciolo, un medico ‘non di chiesa’, dopo averla esaminata, esclamò: ‘Per me v’è qualcosa di sovrannaturale!’ e il dottor Molezzi, attestò che ‘tutto quello che si verifica in suor Elena Aiello avviene sotto l’influsso di una forza sovrannaturale che pertanto sfugge ad ogni controllo scientifico…’.”

Ogni venerdì del mese Elena sopportò le sofferenze “soprannaturali”. Nonostante questo la monaca calabrese si dedicava ogni giorno agli orfani e ai poveri, istruendoli e insegnando loro il catechismo.

“Nell’ultimo venerdì di marzo Elena soffrì nel corpo coperto di piaghe e Gesù le disse: ‘Anche tu devi essere simile a Me perché devi essere la vittima per tanti peccatori e soddisfare alla giustizia del Padre mio perché essi siano salvi’.”

Nel 1928, all’età di 33 anni, Elena fondò l’ordine delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Eppure, nonostante tutti la chiamassero suora, canonicamente non lei era tale. Solo il 3 ottobre 1949, all’età di 54 anni, emise i voti perpetui ricevuti da Monsignor Aniello Calcara, Arcivescovo di Cosenza.

Tra i “miracoli” meno religiosi si ricorda quanto, l’11 settembre 1935, le cucine del convento erano vuote, non c’era nulla per il pranzo. “Mentre una consorella, Suor Angela, chiedeva alla Superiora del denaro, entrò un sacerdote che domandò di dire Messa e passò subito in sacrestia. Suor Elena, che non aveva nulla, rispose a Suor Angela di ascoltare prima la Messa, in qualche modo il Signore avrebbe poi provveduto”.

A quel punto per la cappella si avvertì un forte profumo. Suor Elena che recitava l’ufficio della Madonna, nel suo libretto, alla seconda pagina, vide tra l’immaginetta della Madonna Addolorata e quella di Santa Teresina, un biglietto da 50 lire. Era sicura che prima nel suo libretto non ci fosse proprio nulla, aveva recitato la sera precedente le medesime preghiere, nella medesima pagina”.

Della sua vicenda si interessò anche Benito Mussolini, che ricevette però una lettera che non si aspettava: la monaca gli scrisse nel 1940, alla vigilia dell’intervento italiano nella seconda guerra mondiale. Nelle parole riferite dalla suora, il Signore le avrebbe detto che Mussolini era stato mandato dal cielo per salvare l’Italia dal pericolo comunista. Ma che poi il suo comportamento avrebbe portato il paese alla rovina: “La Francia – scrive suor Elena riportando le parole che le avrebbe detto il Signore – tanto cara al mio cuore, per i suoi molti peccati, presto cadrà in rovina e sarà travolta e devastata come Gerusalemme ingrata. All’Italia, perché sede del mio Vicario, ho mandato Benito Mussolini, per salvarla dall’abisso verso il quale si era avviata, altrimenti sarebbe arrivata in condizioni peggiori della Russia. In tanti pericoli l’ho sempre salvato; adesso deve mantenere l’Italia fuori della guerra, perché l’Italia è civile ed è la sede del mio Vicario in terra. Se farà questo avrà favori straordinari e farò inchinare ogni altra Nazione al suo cospetto. Egli invece ha deciso di dichiarare la guerra, ma sappia che se non la impedirà, sarà punito dalla mia Giustizia!”.

“La lettera fu consegnata alla sorella del Duce, Edvige Mancini Mussolini, il 6 maggio 1940, che la consegnò a Mussolini qualche giorno dopo. Il 15 maggio 1943, Madre Elena mandò la seguente lettera a Edvige: “Gent.ma Donna Edvige (…) Ricordate quando il 6 maggio del 1940 dicevamo che il Duce aveva deciso di fare la guerra, mentre il Signore gli faceva sapere nella mia lettera che doveva salvare l’Italia dalla guerra altrimenti sarebbe stato punito dalla Sua divina Giustizia? (…) Ah! se il Duce avesse dato ascolto alle parole di Gesù, l’Italia non si sarebbe trovata ora in così triste condizione!…”

 

 

 

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Maria Elena Perrero