MILANO – E’ da sempre legato alla Roma. Difficilmente si perdeva allo stadio una partita dei giallorossi. Ci ha provato a diventare un calciatore, ma il suo sogno è finito a soli 20 anni, quando il ginocchio si è rotto. Legamenti lacerati. Tre operazioni e una diagnosi spietata: non avrebbe più potuto giocare a pallone. Allora ha cominciato la carriera di allenatore, poi il sogno. Sedersi sulla panchina dell’Inter a soli 36 anni. Andrea Stramaccioni, nuovo allenatore dell’Inter, sembrerebbe un predestinato. Certo, presto per dirlo, ma la teoria de “all’improvviso uno sconosciuto” potrebbe riservargli molte sorprese.
A vincere ha cominciato subito in panchina: a 25 anni, sulla panchina dell’Az Sport, squadra romana, conquista subito il titolo provinciale. Poi tre anni alla Romulea, dove scopre tanti giovani di talento, e la chiamata dalla Roma, la squadra del cuore, quella che proprio tutte le domenica lo portava in curva. Stramaccioni con la Roma ha vinto tutto quello che si poteva a livello giovanile: due scudetti (giovanissimi nazionale nel 2006-07 e allievi nazionali nel 2009-2010) più una serie di tornei internazionali. Ha vinto subito anche con la Primavera dell’Inter: domenica scorsa la Champions League dei giovani e l’abbraccio con Moratti che è stato l’annuncio dell’arrivo in prima squadra.
Ha lasciato Trigoria perché troppo bravo e davanti a lui c’era un allenatore altrettanto bravo ad allenare la Primavera della Roma: Alberto De Rossi, papà di Daniele, che vince scudetti e Coppe Italia e non ha ambizioni di serie A o altre panchina. Vuole continuare con i giovani. E allora, dopo aver aspettato due anni, Stramaccioni ha preferito cambiare aria.
La chiamata dell’Inter nasce da lontano, nel 2010, l’anno magico nella vita di Stramaccioni. Un estate che il nuovo tecnico nerazzurro non potrà dimenticare: arriva lo scudetto con gli allievi, si laurea in legge con una tesi su “Franco Sensi presidente della Roma” e frequenta il corso a Coverciano per prendere il patentino di seconda categoria. Sui banchi federali conosce Roberto Samaden che diventerà responsabile del settore giovanile dell’Inter e che la scorsa estate, quando Pea gli dice che andrà a Sassuolo, pensa subito di chiamare quel ragazzo che aveva conosciuto a Coverciano. Stramaccioni aspetta un po’ prima di accettare, spera ancora che la Roma non lo lasci partire e gli offra la panchina della Primavera, ma quando capisce che De Rossi non si tocca, accetta di trasferirsi a Milano. Si sposa e parte per la sua nuova avventura.
Maniacale nell’organizzazione nel lavoro, non lascia nulla al caso. Preparava le partite dei giovanissimi e degli allievi nazionali con la stessa meticolosità della serie A. Il lunedì pretendeva di sapere le misure del campo esatte del campo dove i suoi ragazzi avrebbero giocato la domenica: poi con i birilli riproduceva a Trigoria le misure esatte e la squadra poteva così abituarsi al campo che avrebbe trovato.
Ma soprattutto scopriva le mosse dell’avversario. Rimase sorpreso l’allenatore del Bari che per tutto il campionato aveva messo in difficoltà gli avversari e segnato tanti gol con uno schema da fallo laterale. “Ma come hai fatto a bloccarmi?” gli disse a fine partita. Stramaccioni aveva visto i filmati e predisposto le contromosse, il tecnico dei pugliesi mai avrebbe immaginato di essere stato spiato con una telecamera. Ed era “solo” il campionato degli allievi.