BARCELLONA – ''Calcio e liberta'''. Queste due parole guidano la vita e le scelte di Pep Guardiola, l'allenatore piu' ammirato e invidiato degli ultimi anni, che con il suo Barcellona sta scrivendo una pagina importante nella storia del calcio. Vittorie, gloria, denaro non sono che conseguenze della sua enorme passione per il gioco del calcio e della sua 'irrequietezza', che lo tiene 'vivo'.
Guardiola si e' confessato in un'intervista al regista spagnolo Fernando Trueba, svelando un aspetto del suo carattere che, se possibile, lo mette ancor di piu' in contrasto con il suo grande rivale, quel Jose' Mourinho che ha fatto delle certezze granitiche e della smisurata ambizione la chiave del suo successo. Liberta', per Guardiola, significa anche non sentirsi troppo legato, avere l'impressione di cambiare strada con facilita'. ''Non passa giorno senza che pensi che domani potrei andarmene – ha afferma il tecnico dei blaugrana – I contratti lunghi mi danno angoscia, preferisco avere la liberta' di poter decidere il mio futuro''. L'unica cosa che non puo' cambiare, e che farebbe subito, e' poter tornare a giocare. ''Da quando avevo 25 anni sognavo di diventare allenatore – invidio i miei giocatori che ancora si divertono con il pallone''. Le societa' che pensano a lui per provare a ripercorrere la marcia trionfale del Barca hanno quindi motivi per sperare, anche anche se nulla nell'intervista lascia presagire una volonta' di lasciar la panchina blaugrana. Il tecnico ha parlato anche del suo lavoro, spiegando che ''preparare una partita, pensare a come andra', alle varie sorprese, e' una delle cose piu' meravigliose del mio lavoro''.
Con i giocatori, oltre a invidiarli, ha un approccio speciale: ''Vanno trattati tutti in modo diverso. Bisogna un po' ingannarli e un po' sedurli, perche' ciascuno dia il meglio''. Non e' mancata una nota lievemente amara sul suo mondo ''Il calcio e' un gioco, e lo abbiamo ormai rovinato, ormai e' un business, ma da' da vivere a molte persone. I giocatori pero' hanno una vera passione e non lo fanno solo per i soldi, come tanti dicono''. E per spiegarlo aggiunge: ''Vedo i miei calciatori. Se non giocassero al Bernabeu continuerebbero a farlo con i loro amici al parco. Se in allenamento allungo un pallone diventano come matti, si buttano come cani sull'osso''.