CREMONA – La foto della moglie e della figlia tenuta in mano per tutte le cinque ore dell’interrogatorio. Matteo Paoloni, il portiere della Cremonese prima e del Benevento poi, l’uomo delle “dritte” vere o presunte tenta l’estrema parata: per cinque ore respinge le accuse più gravi, nega i contatti, afferma quello che tanti addetti ai lavori credono un po’ perché verosimile un po’ perché comodo, ovvero afferma di essere un millantatore.
Lo spiega il suo avvocato Emanuela Di Paolo uscendo dall’interrogatorio. Prima il legale sembra volersi sottrarre, non voler dire niente. Si limita ad affermare che il suo assistito “ha chiarito la sua posizione”, poi aggiunge il fattore umano, ovvero che Paoloni “per tutta la durata dell’interrogatorio ha tenuto in mano lafoto della moglie e della figlia”.
Con la moglie, leggendo le intercettazioni, Paoloni ha litigato diverse volte, sempre per i debiti di gioco. Una volta è un finanziamento che non arriva, un’altra è la paura della donna per la telefonata di un altro arrestato, il titolare dell’agenzia di scommesse Massimo Erodiani, una terza volta ancora è nel pallone perché “La Gazzetta dello sport” ha dedicato un’intera pagina ad una partita in cui giocava Paoloni sostenendo che era taroccata.
Paoloni nega soprattutto l’accusa più grave, quella di aver avvelenato i compagni di squadra della Cremonese col Minas, un sonnifero. E’ l’episodio che ha innescato tutta l’inchiesta: si gioca Cremonese-Paganese. Secondo l’accusa i padroni di casa devono perdere e Paoloni versa il sonnifero nelle borracce dei compagni. La Cremonese vince lo stesso 2-0 ma molti giocatori si sentono male. Uno, per un colpo di sonno mentre è alla guida, ha addirittura un incidente in autostrada. Paoloni nega nonostante Erodiani affermi di essere in possesso della ricetta, secondo l’accusa prescritta dal medico Marco Pirani, anche lui agli arresti. Nega qualcosa che è difficile da negare visto che lo stesso Pirani, che rischia anche la radiazione dell’ordine dei medici, ammette di aver preparato la ricetta pensando che “fosse per la moglie di Paoloni”. Nega senza però spiegare perché aveva quella ricetta.
Il portiere nega anche di aver determinato le sconfitte delle sue squadre, impresa che per un portiere non è impossibile: basta una papera o un fallo da rigore di quelli “normali”, da gioco. Eppure, ha riferito il suo avvocato, Paoloni dice di non aver mai mosso un dito per far perdere le sue squadre. L’unica cosa che il portiere ammette è di essere uno scommettitore incallito, reato solo sportivo (i giocatori non possono farlo) e tutto sommato trascurabile. Si accusa di essere un millantatore, di aver dato “dritte” a Erodiani millantando agganci che non aveva, dal calciatore del Lecce Daniele Corvia a quello del Sassuolo Marco Quadrini. Difficile che ai magistrati di Cremona bastino per lasciarlo andare come successo oggi con alcuni degli indagati, dall’ex calciatore Mauro Bressan al commercialista Manlio Bruni (libero col solo vincolo dell’obbligo di firma).