Mentre i riflettori sono puntati sul processo Calciopoli di scena a Napoli arrivano le motivazioni della sentenza con cui, il 14 dicembre scorso, sono stati condannati quattro degli undici imputati che avevano scelto il rito abbreviato.
Secondo il giudice per l’udienza preliminare di Napoli Eduardo de Gregorio, quella che è stata ribattezzata la “cupola” del calcio italiano esiste, ha governato illecitamente il mondo del pallone ed ha anche raggiunto tutti i suoi scopi, come quello di far vincere lo scudetto alla Juventus e la salvezza alla Fiorentina nella stagione 2004-2005.
“Quanto all’efficienza del sodalizio, altro sicuro indice rivelatore della sua esistenza – scrive De Gregorio nelle motivazioni della sentenza – va sottolineato che esso raggiunse tutti gli scopi già programmati e quelli che, nel corso degli eventi, si propose di conseguire”.
Il magistrato si sofferma sull’esito del campionato 2004-2005: “Sul punto – osserva – è necessario e sufficiente rimarcare che, attraverso diversificate attività illecite, la compagine riuscì a determinare l’esito del campionato di calcio sia con riguardo all’assegnazione della vittoria finale della Juventus (all’evidenza scopo principale del gruppo), sia con riguardo alla retrocessione in serie inferiore, cui illecitamente fu sottratta perlomeno la Fiorentina”.
“I componenti del gruppo che amministrava di comune accordo il campionato di calcio – scrive il gup in un altro passaggio del capitolo sul reato associativo – ebbero lo scopo comune di programmare e compiere una serie indeterminata di delitti come si ricava dalla chiara acquisizione processuale secondo la quale essi organizzarono le frodi sportive non solo con riguardo ad incontri di calcio in cui era impegnata la società juventina, ma furono aperti ad ogni altra occasione illecita, come verificatosi durante l’impresa di salvataggio della Fiorentina, cui parteciparono anche Giraudo e Moggi in modo determinante”.
“Detta iniziativa, in sé illecita, poiché realizzata con le attività fraudolente, a sua volta – osserva il giudice – ebbe per voluta conseguenza l’aumento del prestigio e della forza del gruppo nei confronti dell’intero settore ed in specie degli esponenti di quella società che in precedenza erano ed essi contrari”.
Secondo il gup di Napoli, per il perseguimento dei propri obiettivi, come il condizionamento sull’esito dei campionati, i componenti del sodalizio “ebbero a disposizione più arbitri”.Il magistrato per quanto concerne le “evidenze probatorie” del processo abbreviato cita gli arbitri Pieri e Dondarini. “La compagine peraltro – afferma il giudice – esercitò uno stringente potere sulla categoria, influendo sulla progressione di carriera dei singoli, con la designazione a partite di prestigio o al contrario con la sospensione dall’attività o l’affidamento prevalente di incontri di poco rilievo”.
Dopo aver ricordato gli interventi nelle trasmissioni televisive a tutela di determinati arbitri, il giudice spiega che “l’altra faccia della medaglia era costituito dal potere di interdizione espresso in più occasioni da Moggi”. E ricorda, a tale scopo, il caso dell’arbitro Morganti “responsabile ai suoi occhi, di aver applicato la regola sulla sospensione per impraticabilità di campo di un incontro in cui la squadra del Messina (sotto l’ala protettrice di Moggi, secondo l’imputazione) era in vantaggio”. Oppure il caso degli arbitri Collina e Rosetti “esclusi per un turno per concorde volontà punitiva di Moggi e Bergamo durante il dialogo notturno del 9 febbraio”. O ancora il caso degli assistenti della partita Reggina-Juventus del 6 novembre 2004 “che da quel giorno e per motivi largamente spiegati non parteciparono più a gare dei bianconeri”, oppure quello degli assistenti Babini e Coppola “che non furono mai scelti per dirigere partite della Juventus”.
“L’esistenza dell’associazione e la sua penetrante efficacia – si legge nella sentenza – risultano dimostrate con chiarezza anche nell’esercizio di questo potere di veto, espresso da Moggi, ma che coinvolgeva per logica l’intero gruppo che aveva grande potere sulla categoria degli ufficiali di gara, militandovi anche i designatori ed il massimo vertice dell’Aia (l’associazione arbitri, ndr) oltre che Giraudo”. Il giudice dà molto rilievo alla testimonianza dell’assistente Babini, definito come “una voce di dentro” dell’ambiente calcistico. Spiegando il vero motivo per cui non veniva scelto per le gare della Juve disse: “tra noi si discuteva in ordine a questo pseudo sistema Juventus che cercava di controllare tutto e tutti e che quindi era diventato tra noi colleghi e addetti del mondo del calcio un vero tormentone”.
I condannati, il 14 dicembre 2009, furono quattro: tre anni all’ex dirigente della Juventus Antonio Giraudo, due anni all’ex presidente dell’Aia Tullio Lanese, 2 anni e 4 mesi all’ex arbitro Pieri e due anni all’ex arbitro Dondarini. Giraudo, Pieri e Lanese sono stati condannati per frode sportiva e partecipazione ad associazione per delinquere mentre Dondarini solo per il reato di frode. Moggi, che non si è avvalso del rito abbreviato, è attualmente sotto processo a Napoli.