Il risultato delle due spettacolari sceneggiate, la prima negli spogliatoi della Sampdoria, sulla collina di Bogliasco, la seconda, via telefono, tra Palermo, Stadio Barbera, ex Favorita e la residenza veneta, Desenzano sul Garda, del presidente genoano Enrico Preziosi, è che ora Genova è due volte orfana e non si rassegna.
La parte sampdoriana piange il licenziamento di Antonio Cassano, il genio di Bari Vecchia, espulso per una raffica di vaffa dal presidente Riccardo Garrone che, pur di levarselo dai piedi dopo decine di sceneggiate come quella, pagherà 18 milioni di euro di clausola rescissoria. Il fronte genoano piange la defenestrazione folgorante e inattesa del suo allenatore dei miracoli Giampiero Gasperini da Grugliasco, messo alla porta con la sconfitta di domenica scorsa a Palermo, dopo cinque anni esaltanti e un feeling travagliatissimo con il joker, il presidente Preziosi da Avellino, l’uomo dei Gormiti e del bambolotto Cicciobello, ma anche quello che è diventato uno dei più grandi mercante di giocatori, capace di inventare giocattoli mondiali da imporre su ogni mercato, come di svelare talenti calcistici che mezzo mondo snobbava, uno per tutti Diego Milito, ripescato mentre sprofondava nella serie B spagnola e poi diventato il cannoniere di Champions League.
Altro che mal comune mezzo gaudio: Genova calcistica, sempre più divisa tra Genoa e Samp, risalite proprio grazie a Garrone e Preziosi nelle gerarchie italiane in una città che lentamente sprofonda, soffre questi due strappi riversando lacrime e anatemi da una gradinata all’altra del mitico stadio Luigi Ferraris. I due presidenti sono uniti in questo momento dal tornado cittadino che non si placa. Tutto il resto li divide. Preziosi rappresenta il tipico self made man, importato da Avellino. Ruspante e solitario è invece Garrone, petroliere nato nell’establishment genovese, duro ma generoso e mai totalmente corrisposto dalla città, se non, fino a ieri, dai tifosi blucerchiati.
Nel mercoledì sera di campionato a Marassi il Genoa, orfano di Gasperini ha giocato e vinto contro il Bologna per uno a zero in una atmosfera irreale. Orfano cioè di un allenatore per il quale dopo cinque anni a “Zena”, si era già coniato l’appellativo di “Gasperson”, per paragonarlo al mitico allenatore-manager da vent’anni dominus del Manchester United, Sir Alex Ferguson. In panchina non c’era più l’uomo di Grugliasco, il mister che ha portato il Genoa dalla B alla soglia della Champions League e che gli ha fatto giocare a tratti il migliore calcio del Dopoguerra, secondo il delirio da tifosi considerato inferiore, nel Continente, solo a quello del Barcellona di Pep Guardiola. Al suo posto Davide Ballardini, l’emiliano gelido scelto da Preziosi in una notte di raptus e subito bollato dall’etichetta di aziendalista: come dire scelgo lui perchè ha a cuore la società, mentre Gasperini era uno che correva per sè.
Definizione e polemica subito di fuoco che sulla Gradinata Nord è rimbalzata con un timido applauso per il nuovo allenatore (storicamente i tifosi rossoblù guardano con distacco allenatori e presidenti, il Genoa è loro e dirigenti e mister passano) e con cinque striscioni per Gasperson, un record dopo decine di allenatori passati senza lasciare il segno, salvo l’altro mito di questi decenni, il professor Franco Scoglio, morto in diretta tv mentre difendeva il Genoa, proprio contro Preziosi. Guarda tu le coincidenze.
Il rapporto tra Preziosi, che lo ha scoperto e lanciato quando allenava il Crotone, e il suddetto Gasperini, è sempre stato perfettamente anomalo, una operazione chimica di quelle che ha un certo punto, dopo una serie di reazioni a catena, provocano l’esplosione finale. Oggi Preziosi racconta pubblicamente la sua scelta di esonero, dopo tanti successi, spiegando che ha scelto “di pancia”, cioè ascoltando un istinto improvviso, quello geniale che lo ha fatto diventare uno scopritore di talenti e un grande inventore di business nei giocattoli. “Decido in un minuto e nulla mi ferma, decido di comprare o di vendere, di investire o di chiudere”.
E’ stato così anche con Gasperini, un allenatore con il suo carattere duro da piemontese senza sfaccettature, scuola Juve e appunto, la Juve sempre in testa, dopo averne per anni diretto la squadra Primavera. Già la Juve, tutta colpa della Juve se quel feeling chimico da esplosione improvvisa è deflagrato nel botto finale.
Incomincia, infatti, con una avance della Juve su Gasperini, dopo il fantasmagorico campionato del 2008-2009, lo strappo invano ricucito tra l’uomo di Avellino e quello di Grugliasco. Con una partita super il Genoa batte la Madama e Preziosi, con il suo superfiuto e il suo spirito di osservazione, nota il trabordante entusiasmo del suo allenatore, un po’ sopra le sue solite righe di “bugia nen” in panchina. Coglie, il “joker”, che quell’entusiasmo e quella soddisfazione esagerata sono la confessione di avere consacrato una scalata che ora permette al suo allenatore di rilucere agli occhi dei dirigenti bianconeri che cercano un mister nuovo, moderno, pimpante e in questo caso made in Juve. E si incazza il Preziosi, perchè poi le solite spie gli dicono che l’abboccamento c’è già stato. Riferiscono che Blanc, il superdirigente francese e Cobolli Gigli, l’allora presidente bianconero, hanno contattato il Gasp e che lui non sta più nella pelle. Ma come, il Genoa vola, è quarto in classifica, perderà la Champions solo per la differenza reti a vantaggio della Fiorentina e quello che ho creato io, tirandolo su da Crotone, flirta con la Juve?
Poi la Juve sceglierà come allenatore, commettendo un errore storico, Ciro Ferrara e Gasperini non riuscirà neppure a nascondere la sua delusione.
Ma quel che conta è il rapporto con il presidente si incrina. Prima reazione chimica. Ne arriveranno altre nel campionato e mezzo che segue e sopratutto nelle due campagne acquisti pirotecniche che il Genoa manderà in onda nelle estati del 2009 e del 2010.
Fanno finta, il focoso presidente di Avellino e il piemontese duro di Grugliasco, di filare d’accordo. Preziosi compra il centroavanti Floccari dall’Atalanta, il migliore, spendendo la cifra record nella storia genoana e Gasp non riesce o non vuole inserirlo nel suo modulo di calcio totale e innovativo. Floccari a gennaio va alla Lazio, dove incomincia subito a fare gol a mitraglia. E’ solo un caso: il presidente compra, il mister mugugna, arriva un altro bomber, il giovane Acquafresca dal Cagliari, un quasi nazionale, ma nel Genoa non trova tanto spazio, oppure è sfortunato.
Il campionato dopo quello del boom di Milito e Motta con la maglia rossoblù non è così scintillante, anzi. E le discussioni tra i due aumentano. “Ancora quest’anno poi basta con Gasperini” si lascia scappare Preziosi con gli amici: le divergenze sono troppe tra il presidente irruento e il mister ironico. Ma poi tutto sembra ricompattarsi e la nuova campagna acquisti del 2010 è una specie di festival rossoblù: arrivano manciate di figurine di giocatori da tutta Europa, sembra che Preziosi si sveni e che Gasperini sia soddisfatto.
Una raffica di infortuni a inizio campionato e l’ex squadra boom nuota controcorrente. Così riprendono le esplosioni chimiche, gli armistizi e la tensione cresce. Preziosi ha comprato uno dei fenomeni del recente mundial sudafricano, il ghanese Boateng, quello che ha un fratello nazionale tedesco, ma poi lo gira al Milan, perchè a Gasp uno così gli cresce.
Il terzino giovane, Zaza Bocchetti, già in nazionale, campione ogni tanto un po’ distratto ma dal talento inarrivabile, piange tutti i giorni perchè il Gasp lo fa giocare a intermittenza e Preziosi lo vende a una squadra russa… Lo strappo è vicino perchè i risultati non arrivano e la goccia che fa traboccare il vaso è proprio la partita di Palermo, che Gasperini anticipa al presidente preoccupatissimo, descrivendogli una tattica opposta a quella che poi dallo schermo tv di casa sua Preziosi vedrà sul campo siciliano infuriandosi. “Questo mi prende per il culo…” urla ai suoi collaboratori il “joker”.
Non glielo dice nemmeno di persona che lo licenzia, glielo fa dire dal ds Capozucca e da suo figlio Fabrizio, saggio direttore sportivo della società. “Mi ha fatto spendere troppo e poi è da quella volta con la Juve che avevo capito come è fatto” si tormenta Preziosi che, da uomo scafato, sa che sta liquidando un idolo dei tifosi e, quindi, balza sulla ribalta a spiegare con la voce rotta dall’emozione che lui a Gasp gli vuole bene, che in futuro non si sa mai… Ma che bisognava dare la scossa.
La città muta e attonita all’annuncio sta, avrebbe detto Manzoni. Infatti la partenza di Gasperini viene vissuta in una Genova che sta trapassando uno dei momenti più duri della sua storia recente, come la perdita di una colonna portante di una distrazione collettiva dalle angosce quotidiane.
Sull’altra sponda, come si suol dire nella Superba, lo strappo tra Garrone e Cassano è diventato nel frattempo già un tormentone quotidiano, una specie di valzer alla musica del quale i tifosi blucerchiati danzano, aspettando con sussiego una svolta che non arriva. Come si fa a dare torto a un presidente vaffanculato per l’ennesima volta, in italiano, in barese e con linguaggio internazionale? Come si può rinunciare alla lampada di Aladino di un giocatore-genio, con i brufoli e i piedi d’oro e rientrare in un possibile anonimato calcistico dopo il quarto posto dell’anno scorso e i vertici europei conquistati?
La sede della Sampdoria, il campo di allenamento di Bogliasco, la casa sul mare di Quinto di Cassano e tutti i bar di Genova con stampo blucerchiato sembrano diventati cancellerie diplomatiche, dove chiunque studia la mediazione giusta, mentre Cassano piange, si pente , si riduce l’ingaggio, assiste la moglie incinta, si cosparge il capo di cenere e non trova alternative: chi se lo prende uno geniale ma così pericoloso, chi ha i soldi e la pazienza? Offerte vere, zero.
Tutto inutile: in realtà Riccardo Garrone, un po’ più magnanimo di quando intorno a lui, giovane petroliere, scoppiava lo scandalo del petrolio e la macchina del finanziamento dei partiti, scoperta dai pretori d’assalto genovesi, Sansa, Almerighi, Brusco, forse perdonerebbe, ma sono i suoi figli, la nuova generazione della dinasty petrolifera, Edoardo vicepresidente di Confindustria, Alessandro, ad di Erg e il nipote Giovanni Mondini, per lo più genoano, a dire niet, niet, niet.
E poi alla fine le due storie di Genova orfana magari si incrociano. Cassano al Genoa sull’altra riva del fiume, dove ora c’è un allenatore aziendalista che magari lo accetterebbe al contrario di Gasperson? Cassano che così resta a Genova, vicino alla sua Carolina, la ragazza che lo ha fatto rinsavire dopo le 700 donne della sua vita, confessate nella sua biografia? La città mormora e si culla nel gossip che cancella almeno uno dei due strappi. In fondo due anni fa, un po’ per celia, un po’ per spirito corsaro non era Cassano che, incontrando Preziosi su una barca nello splendido golfo di Porto Venere, aveva detto con quella faccia da Bari-Vecchia sputata: “Presidente, mi sa che, forse, ho sbagliato sponda…”