ROMA – 26 febbraio: Ron Dennis, anima della McLaren, racconta che Fernando Alonso dopo l’incidente in Spagna, non ha riportato “danni fisici” ma è in ospedale solo per controlli legati alla “perdita di memoria”.
3 marzo, comunicato ufficiale McLaren in cui si annuncia che Alonso, per quell’incidente non correrà il Gran Premio di Australia: “I medici hanno raccomandato a Fernando, dopo la commozione cerebrale subita, di limitare il più possibile ogni fattore di rischio ambientale che potrebbe provocare un’altra commozione cerebrale così ravvicinata rispetto alla prima”.
Tra “nessun danno fisico” e “commozione cerebrale” il passo non è breve. E dove sia la verità lo racconta la cronaca: quella di un Alonso tenuto non qualche ora in osservazione ma tre giorni in ospedale, quella di un Alonso che “sta bene” ma in Australia non corre. Altre incongruenze in un caso che diventa sempre più intricato. Il pasticcio, in verità, l’ha fatto la McLaren dando da subito l’impressione che sull’incidente ci fosse molto da nascondere.
Si è cominciato con le improbabili spiegazioni di quanto accaduto: incidente dovuto a ruote su erba e vento forte. C’è un problema: non ci sono immagini risolutive ma ci sono i testimoni tutti concordi a dire che non c’era vento e che l’ex ferrarista non ha messo le ruote sull’erba. Quanto al vento la parola fine la scrive Giancarlo Minardi, scopritore di Alonso e per decenni patron di una scuderia:
“Dalle mie parti, in Romagna, si dice: le chiacchiere le porta via il vento. Ma non ho mai visto il vento che porta via una macchina. A quella velocità poi…”
A questo punto le ipotesi che restano sono due, e sono entrambe inquietanti. Prima c’è quella della scossa elettrica partita dalla power unit. Ne ha parlato per primo l’ex pilota Francesco Barbazza e l’ha smentita categoricamente la McLaren. Vista la spiegazione che offre la scuderia di Alonso la smentita non è di per se rassicurante.
E infine resta l’ipotesi del malore, quella di Alonso che ha sbattuto perché già svenuto per qualche motivo, e non svenuto dopo l’impatto. Spiegherebbe i tre giorni di controlli, spiegherebbe anche la cautela dei medici e i dubbi del pilota a correre. Mai come questa volta la Formula 1 ha bisogno di trasparenza.