Fiorentina sotto accusa per Beatrice, calciatore morto di leucemia per i troppi raggi X. La vedova chiede a Mazzone 10 milioni di danni

Ucciso dai troppi raggi X: sarebbe questa la causa di morte di Bruno Beatrice, giocatore della Fiorentina deceduto di leucemia a 39 anni, nel 1987.

La vedova, Gabriella Bernardini, scrive oggi Repubblica in un’inchiesta firmata da Concetto Vecchio, ha deciso di far causa al tecnico e ai medici che nel 1976 lo sottoposero ad un trattamento intensivo di radiazioni per curare la pubalgia. Nove anni dopo, nel 1985, il male iniziò a palesarsi: dolori terribili alle braccia. Il medico li bollò come “reumatismi”. Ma poi comparvero i puntini rossi sul viso, le gengive cominciarono a sanguinare, Beatrice perse completamente l’appetito e iniziò ad avere brividi di freddo anche in piena estate.

Bruno Beatrice

Questa volta il medico disse che si trattava di “leucemia linfoblastica acuta”. Una malattia che in due anni portò Beatrice alla tomba. Aveva 39 anni e due figli piccoli.

La moglie si ricordò solo più tardi che nella primavera del 1976 i dottori della squadra gli avevano fatto curare la pubalgia con un bombardamento di raggi X a cadenza quasi quotidiana, per tre mesi.

Beatrice aveva acconsentito per poter tornare in campo per la Coppa Italia, nonostante il parere contrario di un noto ortopedico, Lamberto Perugia.

Ora, dopo una perizia di due consulenti della Procura di Firenze che hanno accertato la “compatibilità tra la somministrazione massiccia di terapia Roentgen e la leucemia”, la vedova Beatrice ha chiesto un risarcimento di dieci milioni in solido nei confronti dell’allenatore dell’epoca, Carlo Mazzone, del primario Bruno Calandriello, del radiologo Renzo Benzi, dei vertici della squadra, della Figc e della Asl.

All’epoca il doping dilagava: tra i giocatori era diffusissimo l’uso di Micoren, Cromatom, Cortex e Neoton, frequenti le iniezioni di Esafosfina e Supracortes. Diversi i giocatori dell’allora Fiorentina morti: nel 2009 toccò al portiere Massimo Mattolini, già sottoposto a otto anni di dialisi e a un trapianto di rene. Altro malato della squadra fu Giancarlo Gladiolo.

Mimmo Caso  scoprì di avere il linfoma di Hodgkin: ai magistrati diss di “essere stato sottoposto regolarmente a terapie a base di iniezioni di Cromatom, Cortex e Neoton, a volte direttamente in vena. Né io né i miei compagni ci siamo mai preoccupati di verificare quello che ci veniva dato: ci fidavamo ciecamente dei medici”. Ma nel 2004 arrivò uno strano infarto. “I medici rimasero molto sorpresi del mio caso, lo trovarono anomalo”.

La causa contro medici e dirigenti dei viola dell’epoca è forse anche un po’ per loro. A testimoniare contro Mazzone e i medici sono alcuni ex compagni di squadra di Beatrice, che ricordano che “curò la pubalgia con i raggi Roentgen”. Dall’altra parte gli undici medici dell’ex ospedale della Camerata, che dicono di non ricordare nulla, se non che all’epoca la clinica non disponeva affatto di un’apparecchiatura di radioterapia. La documentazione medica non è mai stata trovata, facendo il gioco dell’accusa.

C’è però una testimonianza a favore della famiglia Beatrice: quella di Silvano Flaborea, ex giocatore di Como, Reggiana e Arezzo: presentandosi spontaneamente dai magistrati, ha rivelato di essere stato curato per anni con i raggi X. Per mezzo di macchinari portatili.

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Maria Elena Perrero