LONDRA – E' iniziata l'era di Novak Djokovic: da lunedì il serbo diventerà il nuovo numero uno del mondo. Ma l'impresa avrebbe avuto un gusto agrodolce fosse stata preceduta da una sconfitta in finale a Wimbledon.
Il serbo ha invece giocato quella che lui stesso ha definito "la mia miglior partita sull'erba di sempre". In poco più di un'ora si è trovato in vantaggio di due set contro il campione in carica, sul campo dove Nadal non perdeva dal 2007.
E in poco meno di due ore e mezza Djokovic ha chiuso 6-4 6-1 1-6 6-3 realizzando il suo sogno di bambino, alzare al cielo il trofeo di Wimbledon. Quando Rafa Nadal ha sbagliato l'ultimo passante della finale Novak Djokovic è scoppiato in un pianto di gioia, si è gettato a terra e, un po' come Francesca Schiavone a Parigi, ha mangiato qualche filo dell'erba del Centrale di Wimbledon.
"Non era un'esultanza preparata" ha spiegato il serbo in conferenza stampa, "mi sono sentito un po' come un animale in effetti, ma volevo provare di cosa sapesse: devo dire che è buona". Una vittoria che arriva al termine, e al culmine, di una stagione straordinaria, in cui ha perso solo una partita, contro il miglior Roger Federer di sempre sulla terra rossa, in cui ha sconfitto Nadal cinque volte su cinque e su tre superfici diverse: terra battuta, cemento e ora erba.
"E' stato un processo lungo" ha spiegato, "quello che mi ha portato a trovare il modo di reggere le pressioni che avevo intorno a me, e di superarle". Un processo nel quale la vittoria in Coppa Davis nel 2010 ha avuto un ruolo determinante. "Dopo quel trionfo" ha spiegato Nole, "ero pieno di energia, volevo tornare in campo, vincere altri tornei. Ha ragione mia madre: ho perso la paura, ho iniziato a credere nelle mie capacità più che mai".
Riuscire a giocare, e vincere, la finale del torneo più ambito e più prestigioso non è solo la realizzazione di un sogno, è il compimento di un percorso che ha visto il serbo affrontare e superare difficoltà ben più grandi di quelle che si possono vivere nell'universo limitato di un campo da tennis.
"Questo successo" ha concluso Djokovic, "mi fa ricordare i giorni della mia infanzia, tutto quello che ho passato, gli anni della guerra, la decisione di lasciare la mia casa a undici anni per andare in Germania e diventare un tennista, e allora il tennis non era uno degli sport più popolari in Serbia".
La finale ha dimostrato anche che Djokovic è ormai la nemesi di Nadal. "Se un giocatore ti batte cinque volte in un anno" ha commentato il maiorchino, "è perché evidentemente il tuo gioco non riesce a fargli male. Oggi ho giocato troppo corto, poco aggressivo, e soprattutto ho giocato male i punti importanti, quelli nei quali si è decisa la partita".
Oggi, ha aggiunto il maiorchino, "il suo livello di gioco è migliore del mio e sta a me adesso trovare le soluzioni. E probabilmente l'aspetto mentale per me è più importante adesso. Perché, in fondo, il tennis è semplice.
E io ho sempre creduto che questo livello non dura per sempre. Non era per sempre il mio, quando l'anno scorso vincevo tre Slam. Non lo è per Djokovic adesso. Ora devo solo continuare a lottare e aspettare il momento giusto per tornare a batterlo".
