ROMA – Il ciclo finito, se non ufficialmente nei fatti, è quello della Roma dei Sensi. Il ciclo ricominciato, o meglio erroneamente troppo presto dato per finito, è quello dell’Inter di Massimo Moratti.
Il cinque a tre con cui, ieri sera, è finita Inter – Roma ha un che di simbolico e definitivo. Il punteggio non inganni: come ha detto Mario Sconcerti su Sky a caldo, appena finita la partita, per la prima volta in un lustro o giù di lì, si è vista una differenza vera e netta. Da una parte c’era l’Inter, che archiviata l’indigesta parentesi di Rafa Benitez ha ritrovato come per incanto uomini, stimoli e forza. Dall’altra parte c’era la Roma, la solita Roma di questa stagione: tanta confusione, poche idee e la sensazione di un enorme talento offensivo sprecato perché non regolato da nessun progetto di gioco.
L’idea di una Roma “grande” perché capace quasi di rimettere in piedi una partita persa e con un uomo in meno è solo fumo negli occhi. Sul 4-1 l’Inter si è fermata, non ha infierito, e la Roma si è ritrovata in partita senza neppure sapere bene perché. Basta pensare ai due gol: un’invenzione di Vucinic su una punizione sbagliata e un tocco di uno (Loria) che in una situazione vagamente più normale la partita l’avrebbe vista in tv. Due episodi in una squadra che continua a dare la senzazione di vivere solo di episodi e giocate individuali: palla a uno dei tre davanti e vediamo che succede. A volte basta, altre volte, invece, si pareggia col Brescia. Se poi arriva l’Inter si rischia di tornare a casa con l’imbarcata. Mr Ranieri continua a raccontare una storia diversa ma mente sapendo di mentire: serve a tenere in qualche modo a galla una barca che imbarca acqua. Quanto alla conferma del tecnico di Testaccio, lo sa lui per primo, è ipotesi che è eufemistico definire remota.
Non sarà l’ultima partita con l’Inter della gestione Sensi, manca la Coppa Italia, ma il passaggio di consegne, nei fatti, c’è già stato. Ieri sera la Roma ha abdicato al grande calcio e si è consegnata ad un finale di stagione in cui ci si interrogherà solo sulle reali intenzioni del signor Thomas DiBenedetto di Boston. A voler aggiungere malinconia c’è anche la questione Francesco Totti: ci auguriamo di no, ma la possibilità che la sua carriera ad altissimi livelli si chiuda insieme all’epoca dei Sensi, c’è ed è concreta. Le avvisaglie ci sono tutte. Ieri non c’era, è vero, ma è la stagione fino ad oggi che parla.
Per la Roma ci sono le Coppe ma è un dettaglio: di Coppe Italia a Trigoria non sanno più cosa farsene, quanto alla Champions meglio cambiare discorso. Si può forse passare con gli ucraini dello Shaktar Donetsk, ma dai quarti in poi è meglio non pensarci.
L’Inter è un’altra storia. Morta, bollita e senza stimoli fino a due mesi fa, ora è quasi ritornata la schiacciasassi di sempre. Certo, resta da registrare la difesa, ma il più sembra fatto. Mettiamoci che la Roma è in affanno e che il Milan mostra segnali preoccupanti di rallentamento. Il rischio concreto è che finisca come siamo abituati: Inter prima e le altre, chi più chi meno, indietro. A meno di non credere al Napoli, che, però, sembra una realtà bella ma non ancora così compiuta (la trasferta di Verona insegna) da poter davvero dire la sua fino in fondo.