Lazio, ultimo giro di quadriglia: il lungo addio di Reja

Edy Reja (LaPresse)

ROMA –  Stavolta, forse, ci siamo davvero: Edy Reja lascia la Lazio. Lo fa, in verità, per la terza volta in un anno, solo che lo fa a fine stagione dicendo che si tratta di scelta “irrevocabile”. Ha bisogno di precisarlo se non altro perché visti i precedenti il rischio che qualcuno non lo prenda sul serio c’è. Perché l’addio di Reja alla Lazio è un lungo addio, dura da quasi 10 mesi. Dieci mesi di risultati oggettivamente buoni accompagnati, però, da “mal di pancia”, incomprensioni con il presidente Claudio Lotito, col dirigente Igli Tare e talvolta anche con i tifosi. Soprattutto 10 mesi di quadriglia, fatti di passi indietro verso la sua casa friulana di Lucinico e di passi in avanti verso la panchina della Lazio. Balletto, stavolta, davvero finito. E non senza amarezza: se non altro perché una stagione cominciata maluccio, con il primo annuncio di dimissioni, è finita con il rimpianto del piazzamento Champions sfumato per un punto. E quel punto in più, probabilmente, avrebbe cambiato tutto.

Il balletto comincia il 19 settembre 2011. Quel giorno  Reja si dimette da allenatore della Lazio. Lo fa, dice il diretto interessato, perché il quadro è buono ma la cornice è marcia. Lo fa anche perché dopo aver chiesto e ottenuto la cessione di Zarate perde 1-2 col Genoa  la prima in casa e i tifosi non gradiscono. Chi sia il quadro e chi la cornice si intuisce abbastanza ma non verrà mai chiarito fino in fondo. Sta di fatto che nel giro di 48 ore Reja si rimangia metafora museale e dimissioni e torna sulla panchina della Lazio che, per inciso, dopo la prima sconfitta inizia anche a fare buoni risultati. Anzi fino a Natale i risultati sono ottimi, la Lazio naviga in zona Champions League. Poi inizia una piccola flessione.

Allora il 22 febbraio 2012 Reja che fa? Si dimette da allenatore della Lazio. Lo fa in un momento che definire difficile è un eufemismo. I suoi hanno appena preso cinque schiaffoni a Palermo e devono partire per Madrid dove devono giocare una partita ad alto rischio umiliazione e bassissima speranza riscatto contro l’Atletico. Reja allora si impunta, è determinatissimo. Rifiuta di salire sul pullman che da Formello deve portare i giocatori all’aeroporto e quindi a Madrid. Per convincerlo serve una specie di task force: arrivano di gran carriera a Formello Claudio Lotito e il dirigente Igli Tare, gli stessi con cui, secondo la stampa tutta, il giorno prima il tentativo di chiarimento si era risolto in una violenta litigata.

Imbarco “coatto” o meno, Reja arriva a Madrid e prima di perdere parla e  fa capire a tutti i presenti che è lì controvoglia, quasi per dovere verso la squadra e per l’addio è solo questione di ore. Però ci sono due però: Reja non usa la parola “irrevocabile”, almeno dice, e soprattutto nel week end successivo c’è un derby da giocare. Così dopo la sconfitta di Madrid e l’ennesimo confronto con la squadra il tecnico spiega che le sue dimissioni non erano “irrevocabili” e che anche stavolta resta. Sembra una barzelletta ma a ridere sono i tifosi della Lazio, se non altro perché Reja vince anche il derby e, come succede a Roma in questi casi “campa di rendita” fino a fine stagione. Due derby su due gli valgono la benevolenza dei supporter fino a fine anno anche se la Lazio, indebolita dal mercato di gennaio e piegata da una serie record di infortuni, dopo la vittoria con la Roma incappa in una serie di sconfitte e chiude quarta, secondo piazzamento beffa di fila della gestione Reja. L’anno prima la Lazio era arrivata quinta un punto sotto l’Udinese, prima delle escluse dalla Champions. Quest’anno la Lazio chiude quarta un punto sotto l’Udinese, prima delle escluse dalla Champions.

Allora, il 17 maggio 2012 Reja che fa? Si dimette da allenatore della Lazio.  Non è difficile immaginare la reazione di un qualsiasi tifoso laziale: “Un’altra volta? Basta…”. E invece  stavolta sembra diverso, sembra essere la “volta buona”. Innanzitutto Reja, che per primo è consapevole di aver giocato fin troppo con lo scherzetto dimissioni precisa subito che sono “irrevocabili”. Poi c’è il fatto che il campionato è finito e Lotito e Tare hanno tutto il tempo per studiare soluzioni alternative  (le più papabili porterebbero a Formello uno tra Gianfranco Zola e Roberto Di Matteo).  E che forse, lasciando da parte quadri, cornici e pullman da prendere o meno, forse per Reja è davvero ora di cambiare aria.

Eppure le ultime parole del tecnico da laziale, visto quanto sopra, non possono non far sorridere:  ”Lascio la Lazio. Non sono uno che cambia idea”. Se lo dice lui…

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Emiliano Condò