Una squadra di teste di cuoio in divisa da assalto, e poi la festa zulu al Leriba Lodge. E’ un atterraggio morbido, ancorché blindato da un apparato di sicurezza più che vistoso, quello della Nazionale campione del mondo in Sudafrica. All’insegna di un motto: “Il nostro azzurro nel cielo dell’Africa” come recita la scritta sul bus che d’ora in poi trasporterà la nazionale in tutti i suoi spostamenti mondiali. “C’é di che essere ottimisti”, dicevano gli azzurri appena scesi dal Boeing che li ha portati da Milano a Johannesburg. Forse per l’affetto dei tifosi alla partenza da Malpensa, o per le dieci ore di volo tranquillo (appena una breve turbolenza, a quota 10 mila). All’andata, un migliaio di tifosi avevano festeggiato la Nazionale, cancellando le nubi della sfiducia e dello scetticismo. “Qui non c’é un Pallone d’Oro, non c’é un Messi o un Cristiano Ronaldo – ha invece detto il capodelegazione e presidente Figc Giancarlo Abete, confermando che il premio a Cannavaro è lontano nei ricordi – Ma c’é un gruppo di professionisti e calciatori di grande spessore”. Sul volo c’era anche l’ex presidente federale Franco Carraro, “ma nessun imbarazzo dei giocatori – ha voluto precisare un dirigente Figc per smentire una voce circolata sul web – Era nostro ospite, è membro Cio”. Volo talmente sereno, che poco prima dell’atterraggio capitan Cannavaro si è affacciato in cabina di pilotaggio. All’arrivo, gli azzurri hanno invece subito rinfrescato la memoria dell’esperienza Confederations: percorsi blindati, fili spinati, muri altissimi, e ancora fili elettrici. Da action movie invece l’accoglienza dei dieci agenti speciali sudafricani, schierati attorno all’aereo in tute nere, giubbetti antiproiettili, caschi e occhiali-visori, mitra spianati. Poi l’arrivo al Leriba Lodge, dove tutto il personale in divisa ha accolto i Campioni del mondo con fiori, canti e balli zulu. Molti indossavano la maglietta azzurra, molti altri avevano sciarpe tricolori al collo. Accoglienza comunque gradita, prima di correre a riposarsi dalle fatiche del viaggio. Infine, il primo allenamento al Southdowns College, tra le colline di Centurion.
A bordo campo, tre alti funzionari Onu hanno aspettato Cannavaro per fargli autografare una maglia da capitano: un gesto per la campagna anti-Hiv, per la sensibilizzazione sulla trasmissione feto-figlio. E quando è arrivata la notte – anticipata rispetto all’emisfero boreale – tutti di nuovo nei bungalow del Leriba, difesi dai 30 agenti sudafricani. Da oggi è questa la casa degli azzurri. Con la speranza, come dice Lippi, di restarci il più lontano possibile.