Un Mondiale al buio. Basta chiedere ai giocatori simbolo che Italia sarà quella che difende il titolo di campioni del mondo in Sudafrica, per capirlo: risposte nette non ci sono e non solo per la tegola dell’ultima ora, il crac di Pirlo. Sul modulo poche certezze, sull’esito della preparazione ancora meno, sull’impiego di diversi giocatori in ruoli anomali emerge qualche mugugno. L’Italia che ha in mente Lippi è sì il suo marchio di fabbrica, lo facevo 30 anni prima di Mourinho, ha ricordato il ct. Ma una squadra così, tutti a difendere e tutti ad attaccare, non si improvvisa facilmente nell’ultimo mese di preparazione.
“Ci dispiace per ieri col Messico, ma non siamo minimamente preoccupati: i benefici della preparazione in altura non si sono visti, ma arriveranno, perché tutti gli studi scientifici dimostrano che il picco della fatica è tra dodicesimo e quattordicesimo giorno”, ha ribadito Lippi salutando il Sestriere. Qualche dubbio sull’opportunità di venire a fare il pieno di benzina fino ai 2.000 metri delle montagne piemontesi deve però essere venuto anche ai giocatori. Dopo il crac di ieri con i messicani, in diversi sono andati a chiedere al preparatore Gaudino, lamentando gambe di marmo.
“Ci ha detto di non preoccuparci – ha svelato Palombo – è tutto calcolato”. A dire il vero anche Lippi, ieri brevemente a colloquio con Abete e Albertini, si aspettava di avere una squadra più avanti con la preparazione. Lo ha ammesso dopo la partita di Bruxelles, e nell’esame tecnico: nel quale ha lamentato la mancanza di personalità della squadra ieri, e ha ammesso che c’é da migliorare in tutti i reparti. Il fatto è che i riscontri scientifici sugli effetti della preparazione in quota sono tutti per sport di fatica come atletica o fondo, meno per il calcio: forse, peserà aver condotto una preparazione del genere così tanto a lungo. “Ma non è vero che abbiamo solo tre giorni di scarico a disposizione – ha voluto puntualizzare il medico azzurro, professor Castellacci – Sono sette, perché conta anche il riposo. La fatica era prevista, il miglioramento si vedrà giorno per giorno, e sarà marcato e netto”.
I giorni di allenamento in Sudafrica, dall’8 giugno, saranno perciò fondamentali, probabile che vengano alleggeriti ulteriormente i carichi di lavoro. Poi, ci sarà da trovare l’assetto giusto. Il 4-2-3-1 con Marchisio trequartista non avrà riscontri veri, da qui al Paraguay, vera e propria ‘deadline’ azzurra. Iaquinta ha dato voce agli azzurri fuori ruolo che devono solo pedalare e star zitti (“se dico che voglio giocare altrove, Lippi mi caccia dalla nazionale”), e non è solo tra i giovani ad affiorare qualche dubbio. “Idee chiare su cosa sarà l’Italia in Sudafrica? Le deve avere Lippi, ma io sono certo che ci faremo trovare pronti”, l’assicurazione dell’ottimista del gruppo, Buffon. Prima del crac di Pirlo era immaginabile che il ritorno a un “quadraturà tattica fosse argomento delle riunioni azzurre; dopo, è implicita nei fatti. “Se fai tante cose e neanche una bene, è chiaro che qualcosa non va – l’ammissione di Palombo – Ora bisogna trovare la quadra”.
Cannavaro da parte sua ha ribadito l’esigenza primaria: “Dobbiamo tornare a lavorare sulla difesa – ha ricordato a tutti dopo Bruxelles – e non solo con la difesa. Oggi non sono in grado di dire come arriveremo al 14 giugno, ma è chiaro che é quello l’appuntamento chiave”. Di sicuro ci si arriverà senza Pirlo. Il regista azzurro è l’unico capace, tra i 23 scelti da Marcello Lippi, di accendere la luce. Ma la nazionale rischia di essere davvero in bolletta, vista la lesione al polpaccio. La diagnosi medica parla di 15-20 giorni medi di recupero: se così fosse, a meno di prodigiose guarigioni, Pirlo non ce la farebbe neanche per la terza partita del girone. Il recupero del centrocampista appare a oggi impresa molto difficile. Ma Lippi deciderà prima se sostituirlo con Cossu o no: lo farà il 13 giugno, ultimo giorno utile per ottenere dalla Fifa un cambio. Quando l’Italia di Lippi dovrà scoprire per forza tutte le carte.