La nazionale fa fatica dal punto di vista atletico e sotto accusa finisce la preparazione svolta in altura. L’ANSA ha chiesto alla campionessa di nuoto Federica Pellegrini, che si sta allenando sulle vette della Sierra Nevada, di chiarire gli effetti di questo tipo di preparazione. “Non è la prima volta che vengo in altura – afferma – noi nuotatori siamo abituati a fare due collegiali l’anno ad alta quota e ciò per l’ossigenazione naturale e una maggiore fatica a svolgere allenamenti che a livello del mare sarebbero semplici, quindi per una più alta qualità d’allenamento”. “Di solito i primi effetti positivi – spiega – noi nuotatori cominciamo ad averli tra i 15 e i 25 giorni dopo essere scesi dall’altura”. Ma non mancano gli effetti negativi: “Innanzi tutto – spiega – il sovraffaticamento muscolare perché l’allenamento è molto più duro di quello che siamo abituati a fare in pianura. Quindi bisogna distribuire bene i tempi di recupero”. Consigli agli azzurri su come ‘scaricare?’ Federica non si sbilancia: “Sinceramente non so come funziona la loro preparazione e i loro tipi di allenamento, ma sono sicura che sono circondati da esperti in grado di sistemare qualsiasi situazione”. Nessun timore, invece, quando si tratta di professare il proprio tifo per gli azzurri: “Seguirò l’Italia e farò il tifo per i ragazzi”. Finale dedicato alla vicenda del tifo contro che impedisce l’unità sportiva del Paese come dimostra il duello tra Roma e Venezia: “Sinceramente non mi so spiegare questo tipo di dualismo ancora esistente – sottolinea – ma voglio sperare che si tratti solo di un puro agonismo sportivo”.
