Il ministro degli Esteri Franco Frattini si fa portavoce della delusione italiana ai Giochi olimpici di Vancouver e punta il dito con fermezza contro le federazioni: è «colpa» loro se le Olimpiadi sono state un «flop».
In un’intervista pubblicata in prima pagina sulla Gazzetta dello Sport, Frattini (che per dodici anni è stato Presidente della Commissione maestri di sci) parla di «delusione annunciata». E ci tiene a chiarire di non essere andato ai Giochi «per non acuire il disagio del momento difficile». Frattini sostiene, senza mezzi termini, che «sono stati fatti una serie di errori di impostazione dalla federazione. Mi domando – si chiede nell’intervista – come sia possibile pretendere che gli atleti si concentrino su un obiettivo importante, liberino la mente dalle preoccupazioni, quando si chiede loro di pagarsi le spese di trasferte per gli allenamenti… E poi visto che ci sono sacrifici finanziari da fare, si invitano i consiglieri federali a Vancouver con le mogli… Non ha senso».
Severo poi il giudizio del ministro sull’ipotesi di ‘mental trainer’ nella squadra per guarire dalla “malattia dell’insicurezza”. «È inaccettabile – dice – bisognerebbe far lavorare gli atleti nelle migliori condizioni». Quindi, cita il caso di Arianna Fontana, giovane atleta medagliata che ha criticato la gestione federale e per protesta ha disertato una gara, come «sintomo chiaro di un disagio che ha radici profonde».