ROMA – Partite di 60 minuti. Due tempi da 30 minuti l’uno. Il calcio si prepara a vivere una nuova ennesima rivoluzione. Gli appassionati del pallone potrebbero storcere subito il naso: “Ma come 60 minuti, non è troppo poco? Ma che giocano mezzora di meno?”. In realtà non sarebbe proprio così perché si tratterebbe di 60 minuti effettivi. Ovvero il tempo si ferma ogni volta che la palla esce, ogni volta che c’è un infortunio, ogni volta che c’è una sostituzione. Una mossa contro i furbetti che con le perdite di tempo ci marciano e portano a casa il risultato. Ecco quindi la soluzione più logica visto che di ammonire o espellere per perdita di tempo non se ne parla. Una cosa del genere già accade nel basket, ma anche nel calcetto. Il tempo si ferma quando non si gioca, poi una volta scaduti i 60 minuti tutti a casa, niente recupero.
Ma si farà davvero? L’Ifab, l’organizzazione che stabilisce i codici del gioco, non fa che spingere verso la rivoluzione. E ricordiamoci che deve ancora partire veramente un’altra rivoluzione già avviata come la Var. In realtà il progetto è in fase ipotetica, segue la presentazione di uno studio in cui si dimostra che la media dei minuti giocati è già questa, che siamo abituati a vedere partite di un’ora e quel che resta è la palla che esce, il lamento dopo una botta, vera o presunta, la festa per il gol, cartelli, proteste, sostituzioni. Poi si accende la lavagna e si recupera qualche minuto, gli altri 25 persi per sempre. L’Ifab, spiega La Stampa, non vuole tagliare ma concentrare, si ripromette un lungo dibattito. “Qualsiasi eventuale passo avanti sarà preceduto da attente valutazioni” e intanto arrivano approvazioni nobili come quella di Gianfranco Zola: “Non amo gli stravolgimenti, però stavolta mi sembra un’opzione sensata. Chi vince perde tempo, certe fasi sono un’interruzione continua. Così evitiamo i trucchetti, si gioca e basta”.