Gli inviati Rai ai Mondiali non sono “coperti d’oro” e “gli sprechi stanno altrove in azienda”: in questi termini il comitato di redazione di RaiSport respinge gli “attacchi” degli ultimi giorni contro i colleghi in missione in Sudafrica.
“Dall’inizio del Mondiale di calcio – sottolinea in una nota il cdr di RaiSport – continuano ad apparire articoli (Libero, Avvenire, Corriere della Sera, per citarne alcuni) nei quali si parla di ‘troppi inviati’ di ‘comitive’ in Sudafrica tra Johannesburg, Pretoria, Città del Capo, Durban, di una spedizione sovradimensionata rispetto al servizio informativo fornito dalla Rai.
Si è arrivati addirittura a sciorinare la lista dei colleghi – alla stregua di una colonna infame – impegnati a vario ruolo a garantire svariate ore al giorno di diretta tra collegamenti, telecronache di partite, sintesi, interviste, approfondimenti, servizi per il telegiornali e in ultimo la cura e la realizzazione di tre contenitori informativi (Dribbling Mondiale, Mondiale Sprint e Notti Mondiali)”.
Il cdr di RaiSport “non può accettare attacchi diretti ai propri colleghi in missione che stanno con estrema professionalità e puntualità garantendo un servizio con forze in campo uguali se non minori di quelle disposte dagli altri broadcast televisivi internazionali al seguito del Mondiale.
Le due reti nazionali tedesche Ard e Zdf sono costituite da quasi 1000 unità. La Bbc ne schiera 150, la tv francese TF1 200, contro i 60 di RaiSport tra impiegati, giornalisti, telecineoperatori e a circa 70 unità operative della produzione tv. Come sempre è facile sparare sul mucchio anche quando il ‘mucchio’ è costituito da lavoratori, tecnici e giornalisti, che stanno svolgendo il loro lavoro per oltre 14 ore al giorno per coprire 70 ore di produzione in più rispetto al Mondiale del 2006”.
La rappresentanza sindacale “si schiera in difesa di chi adesso sta prestando la sua opera in Sudafrica normalmente stipendiato e non coperto d’oro come si vorrebbe far credere. Gli sprechi stanno altrove in azienda e non certo devono essere ricercati tra chi continua con abnegazione a garantire in Italia l’esistenza in vita del servizio pubblico televisivo”.
