ROMA – Non accettava le decisioni che l’allenatore prendeva per suo figlio di 13 anni, impegnato in una partita di basket a Tivoli. Per questo ha cominciato a inveire contro il coach, un italiano di origini somale, urlandogli pesanti frasi razziste e aggredendolo fisicamente. L’uomo è stato citato in giudizio dal tribunale di Tivoli, il processo è fissato per il prossimo 7 maggio. Lesioni ed ingiurie aggravate dalla finalità di odio razziale i reati contestati.
I fatti risalgono al dicembre del 2009: durante la partita il padre del giovanissimo cestista, seduto sugli spalti, ”rivolgeva praticamente per l’intera durata della partita – come si legge nella denuncia presentata dall’allenatore, Roberto Giammò – insulti, minacce ed epiteti gravemente ingiuriosi e razzisti” nei confronti dell’allenatore di colore.
”C’avemo un deficiente come allenatore, negraccio, negro di merda, torna in Africa”. Queste le offese urlate dall’uomo nei confronti di Giammò. Non contento, il padre del ragazzino, ha atteso fuori dal palazzetto l’allenatore e, una volta intercettato, lo ha continuato ad offendere con frasi tipo ”scimmione, co’ voi negri bisogna usà le maniere forti”, il tutto intervallato dagli ormai celebri ”uh-uh”: il verso della scimmia spesso utilizzato dagli ultrà del tifo nei confronti dei giocatori di colore. Lo stesso giorno, prima dell’inizio di un’altra partita in cui era presente un altro figlio dell’imputato, l’uomo ha, infine, aggredito Giammò colpendolo con uno schiaffo al volto.
”Il fatto che le pesanti ingiurie di stampo razzista siano stato proferite nel corso di una partita tra giovanissimi atleti – spiegano gli avvocati Gianluca Arrighi e Leonardo Casu, legali della parte offesa – oltre alla rilevanza penale, assume anche un carattere fortemente diseducativo. Non escludiamo che anche la società sportiva allenata dal signor Giammò possa decidere di costituirsi parte civile nel processo”.