Alessandro Catapano, giornalista sportivo, analizza il periodo grigio della Roma sulle pagine della “Gazzetta dello Sport”. Riportiamo integralmente il suo articolo di oggi.
«Contestato» dai suoi calciatori, seppur dentro un dibattito civile e democratico. «Garantito» dalla società, salvo scoprire qualche ora dopo che mentre con la mano sinistra gli dava una bella pacca sulla spalla, con la destra componeva il numero di Leonardo. E, infine, senza la forza contrattuale per fare la voce grossa, mettere i calciatori di fronte alle loro responsabilità, insomma fargli capire chi comanda. Come può andare avanti Ranieri in queste condizioni? «Sono io il problema? Me ne vado», avrebbe detto alla Sensi. No, l’allenatore ci ha messo parecchio del suo, ma salvo il suo staff e un solo dirigente, chi lo ha aiutato davvero in questi mesi?
Carnefice? Un’ora di «processo», la risposta della squadra alle accuse mosse dal tecnico martedì («Chiedo ai giocatori cosa abbiano, non mi rispondono»). Praticamente, gli hanno rigirato la frittata. Hanno parlato in tanti, anche chi solitamente sta in silenzio. Quello che non è stato raccontato nei dettagli nelle cronache di ieri, è il «confronto» che mercoledì si è aperto a Trigoria tra allenatore e calciatori, nel chiuso dello spogliatoio e senza dirigenti. Invitati a parlare chiaramente, a dirgli in faccia tutto quello che pensavano, a liberare i mugugni e i borbottii di questi giorni, i giocatori non si sono risparmiati. Tre i capi d’accusa. Il modulo: «Mister, ma lei che idea di Roma ha in testa — gli hanno chiesto —? Perché noi non lo abbiamo capito». L’atteggiamento in campo, già «contestato» da Totti: «Siamo troppo schiacciati in difesa, vorremmo giocare in modo più spregiudicato». E, infine, la condizione fisica: «Lei dice che il problema è mentale, ma le gambe sono pesanti, non girano».
O vittima? Qui finiscono le «contestazioni» a Ranieri. Il quale ha ascoltato, incassato, promesso rimedi (e già ieri ha introdotto nuovi allenamenti, dedicandosi particolarmente ai movimenti difensivi), ma ha chiesto pure ai giocatori impegno senza se e senza ma. Disponibilità totale, niente alibi, basta con i dolorini, gli affaticamenti muscolari e le lamentele. Il resto, appunto, sono legittime rivendicazioni dell’allenatore. Forse — pensa più di qualcuno a Trigoria —, se gli avessero fatto il contratto prima dell’inizio della stagione (del resto, gli era stato promesso), ai giocatori non sarebbero venuti tutti questi brutti pensieri. Avrebbero riconosciuto in Ranieri lo stesso autorevole capo di qualche mese fa. Forse — è un’opinione sempre più diffusa — se lo stipendio gli arrivasse regolarmente, i calciatori sarebbero più stimolati, diciamo così, a trovare sempre le motivazioni giuste. Forse — infine —, se la Sensi (o la banca?) designasse chiaramente un dirigente più dirigente degli altri, gli desse potere, autorità e carta bianca, un po’ d’ordine potrebbe tornare. Forse a qualcuno fischieranno le orecchie. Ma intanto, Ranieri ha il contratto in scadenza, i giocatori non vengono pagati da quasi quattro mesi e a Trigoria manca un vero capo. Bene, no?