Roma: il “mezzu titulo” dei “senza soldi”. E il pollice verso di Totti…

L’irresistibile ascesa dei “senza soldi”. Nel calcio più brutto e peggio giocato, più isterico e volgare in campo e fuori, peggio raccontato da una “informazione” televisiva, radiofonica e di carta stampata che impartisce generale pedagogia della furbizia ignorante, nel calcio in cui l’egemonia culturale è ancora e sempre detenuta da Luciano Moggi, in questo calcio insieme servile e presuntuoso, untuoso e prepotente, accade che un elefante abbia messo le ali, accade che vola chi non poteva volare. La Roma è la squadra dei “senza soldi” e sta davanti alla squadra cui, per dirla in maniera semplice e diretta, i soldo escono dagli occhi e dalle orecchie.

In ogni campo, mica solo in quelli di calcio, vale e vige la regola che chi ha i soldi vince. E’ una regola da tutti accettata, appare “naturale”, naturale come la regola per cui il sole che adesso tramonta domani risorgerà. Quindi l’Inter che di squadre ne ha due, anzi quasi tre nella cosiddetta “rosa”, cioè nell’elenco dei giocatori comprati e pagati, e chi di soldi in bilancio ne ha dieci volte più della Roma e cinque volte più di qualunque altra squadra italiana, secondo regola deve vincere, anzi doveva aver già vinto. Con quelle risorse economiche trasformate in difensori, attaccanti, centrocampisti e fior di sostituti e alternative “all’altezza”, l’Inter di Moratti e Mourinho deve “far filotto”. Vincere lo scudetto, la Coppa Italia e forse anche la Champions. Se di questo obiettivi ne fallisce due su tre, ameno che il terzo raggiunto non sia la “Coppa con le orecchie”, cioè la Champions, per l’Inter è mezzo fallimento. Se poi l’Inter mette le mani sulla sola Coppa Italia, è disastro. “Mezzo titulo”, cioè una misera vittoria nella competizione minore sarebbe per l’Inter quasi peggio che “zero tituli”, cioè la sprezzante definizione con cui Mourinho a suo tempo inchiodò i concorrenti alla loro impotenza. Per l’Inter funziona così, l’Inter è la “squadra coi soldi”. E, contro regola, adesso sta dietro.

Soldi, anche se molti meno di quelli interisti, aveva ed ha speso la Juventus: 50 milioni di euro circa ad inizio campionato per la campagna acquisti giocatori. Soldi che sono serviti a mettere insieme, la definizione accomuna i siti del tifo juventino e la dirigenza della società, “la Juventus peggiore dal dopoguerra”. Squadra dei soldi era fino ad ieri anche il Milan, quest’anno non ha voluto o potuto spendere. Secondo regola il risultato si è visto: con quel che aveva in tasca Leonardo ha fatto quel che poteva, anzi di più. Infatti, nella folle coerenza del calcio italiano, presto non sarà più l’allenatore del Milan.

La Roma non aveva un euro in partenza e non ha un euro adesso che è prima in classifica. La società aveva ed ha un debito non onorato di circa trecento milioni di euro verso le banche. Burdisso, il centrale difensivo, lo ha avuto in prestito dall’Inter. Toni, la cosiddetta “punta di peso”, è un prestito del Bayern Monaco. Ranieri, l’allenatore che non perde da 24 partite e ha avuto il coraggio di sostituire Totti e De Rossi nel derby scudetto che stava perdendo, per andarlo poi a vincere con Taddei e Menez, era sul mercato uno “scarto” della Juventus. Gli stessi tifosi romanisti, quando ad inizio anno fu venduto Aquilani al Liverpool, elevavano alti lamenti perché dovevano accontentarsi di quel che passava il convento, cioè Pizarro che è l’uomo che, se la Roma vince lo scudetto, ne avrà cucito sulle maglie giallorosse gran parte. La Roma “senza soldi” è la smentita vivente della legge di gravità del calcio. Juan, l’altro centrale difensivo, stavano per venderlo, anche la “piazza” oltre al mercato giudicava qualche mese fa che cederlo sarebbe stato un affare. E Menez volevano mandarlo in prestito.

La Roma “senza soldi” e invece obesa di chiacchiere. Intorno alla squadra a Roma pigolano, urlano, agitano e rimestano le radio e le tv locali. Creano complessivamente il clima peggiore possibile. Sono un “vulcano” che costantemente per mestiere e vocazione emettono una nube di vittimismo, isteria, incompetenza. Un “fumo” che dovrebbe impedire ad ogni squadra di volare. E invece la Roma vola ad alta, altissima quota. La Roma anche dei “senza amici”. Una “piazza tifosa” non particolarmente gentile ed elegante, una violenza tifosa di contorno ma endemica. Una città, persino nelle sue istituzioni, rassegnata a che sia così: sono anni infatti che ad ogni derby ci si picchia in Tribuna Tevere. Lo sanno tutti e tutti, anche la polizia lo considerano “folklore locale”. Non ha grandi e speciali meriti la “piazza romanista”. Però non merita l’equivoco ipocrita in cui tutta o quasi la comunicazione di massa calcistica si è tuffata con gioia. Totti, alla fine della partita vinta, ha salutato il suo pubblico con il gesto che indica la supremazia sull’avversario che era sceso in campo esplicitamente per far da barricata allo scudetto romanista. Il pollice verso di Totti è molto, molto meno dell’arroganza programmatica di Mourinho che regolarmente irride e sbeffeggia gli arbitri, è molto, molto meno dell’arroganza proterva con cui i giocatori delle grandi squadre insolentiscono arbitri e guardalinee. Il pollice verso di Totti è nulla rispetto al razzismo orgoglioso della curva juventina. Il pollice verso di Totti indicava, con linguaggio da stadio e con quale altro linguaggio se no,  dove erano finite le speranze laziali di fermare quel volo, di abbattere i “senza soldi”. Ha finito per indicare l’inconfessata ma nutrita e diffusa ostilità verso questa Roma “fuori legge” del calcio. Fuori dalla legge, anzi dal comandamento da tutti osservato per cui chi ha i soldi vince.

Published by
Mino Fuccillo