ROMA – Milioni di telespettatori del mondiale F1 hanno potuto sentire cosa si dicevano Sebastian Vettel e Fernando Alonso con i rispettivi box, comunicando via radio mentre le loro macchine sfrecciavano a 300 all’ora. Nella stessa giornata gli appassionati ddel campionato di Serie A hanno visto l’allenatore della Roma Rudi Garcia parlare al telefonino per due minuti: un fatto senza precedenti nel calcio italiano. Dall’altro capo del telefono c’era l’assistente tattico di Garcia, che sulle tribune di Livorno vedeva la partita da una postazione migliore rispetto alla panchina.
Ma in Italia non si può telefonare durante la partita. E, a dirla tutta, nel calcio non si può fare, anche se le sovrapposizioni fra normative Fifa e regole applicate nei singoli campionati rendono la cosa più ingarbugliata.
Ma la domanda è: perché non si può fare nel calcio quello che si può fare nell’automobilismo, nel ciclismo, nello sci e nel football americano? Perché il pallone è così arretrato dal punto di vista dell’uso delle telecomunicazioni (per non parlare della moviola)?
”Non sapevo che da voi in Italia non si potesse”, si è giustificato Rudi Garcia alla fine di Livorno-Roma. In effetti la normativa, tra varie discipline sportive e singoli paesi, non è di facile decodificazione: ma nel calcio ad opporsi allo strapotere del telefonino è un organismo sovranazionale, la Fifa (art. 4 del regolamento). Garcia dunque non avrebbe potuto parlare al cellulare con il suo assistente neanche in Francia.
Quello del tecnico romanista, comunque, è un gioco da ragazzi rispetto a quanto ipotizzato dal Real Madrid, che nel 2005 in una partita del trofeo Bernabeu dotò di auricolare con ricetrasmittente addirittura due dei suoi giocatori in campo, coronando il sogno segreto di ogni allenatore: entrare nella testa dei propri atleti e guidarli passo passo sul campo di gioco invece di urlare e gesticolare dalla panchina. Peccato che il tecnico fosse Vanderlei Luxemburgo, un brasiliano che ha lasciato un segno nella storia del calcio piu’ per episodi di corruzione che per vittorie. Sarà per questo che la dirigenza madridista non ha dato seguito all’esperimento, lasciando ancora spazio all’estro dei giocatori. E uniformandosi così alla volontà della Fifa. Luxemburgo comunque aveva già fatto in passato esperimenti analoghi con giocatori del Santos e della nazionale brasiliana.
In Formula 1 da molti anni sono consentite, ma in chiaro (cioè accessibili ai media e alla Fia) le comunicazioni via radio tra pilota e box, sia nelle prove ufficiali sia in gara. Lo scambio di informazioni tecniche fa parte ormai integrante della corsa, non a caso spesso si attribuisce al box il merito di una vittoria o la responsabilità di una sconfitta, quasi a porre in secondo piano il ruolo del pilota.
Le comunicazioni radio sono libere anche nel ciclismo. Dal 1998 sono state consentite in tutte le corse. I primi esperimenti vennero fatti nel 1992 dalla Carrera, al Giro d’Italia. Nel 1995 la prova fu estesa al Tour de France, dove Jalabert e compagni ricevevano le indicazioni di gara direttamente via radio dall’ammiraglia lontana. Nel 1996 l’esordio della radio ai mondiali, fu l’italiano Chiappucci a utilizzare per primo il contatto radio permanente con il suo direttore sportivo durante la corsa. Dal 1998 gli auricolari sono tutt’uno con i corridori in gara, e ciò ha cambiato anche le abitudini delle ammiraglie e dei ds, che possono gestire meglio le corse delle rispettive squadre.
Nello sci le comunicazioni radio fra lo sciatore e i propri tecnici sono autorizzate fino al momento della partenza. L’atleta fino a un momenti prima di lanciarsi in pista può ricevere indicazioni dal suo direttore sportivo.
Ma la disciplina pilota nel campo delle telecomunicazioni tra protagonisti è il football americano: lì, da tempo (in parallelo all’introduzione dell’istant replay, una moviola istantanea per gli arbitri) l’head coach, il capo allenatore, si parla costantemente via cuffie con i suoi collaboratori e addirittura con il proprietario che assiste ai match in tribuna. Fortunamente, ancora vietata la comunicazione con i giocatori: forse perchè sono 44 per squadra, e il rischio di sbagliare numero dando a un difensore le indicazioni per un attaccante sarebbe alto…