“Sono un essere umano, una persona. Nient’ altro”. Così Caster Semenya risponde al Corriere della Sera nella prima intervista dopo lo scandalo e il ritorno sulla pista. La conquista dell’oro a Berlino 2009 negli 800 metri, le accuse, i pregiudizi e poi la medaglia tolta dalle mani. Semenya quella medaglia se l’era meritata, perché lei è nell’atletica mondiale comparabile solo a Usain Bolt, ma le voci sul suo ermafroditismo, la possibilità che i livelli altissimi di testosterone l’avessero facilitata in una gara dove dovevano essere gli ormoni femminili a dominare, hanno messo in discussione e hanno fatto di una campionessa un fenomeno da baraccone.
Niente seno ma pettorali muscolosi, 46 di piede, movenze, voce e la stessa postura è da uomo. Su di lei hanno scritto che non aveva ovaie ma testicoli nascosti. Ecco allora che antropologi e studiosi riprendono in mano ricerche e miti sugli ermafroditi e si scopre che in Africa, per ragioni etniche e culturali, sono più diffusi che in Occidente. Contemporaneamente la vita di Semenya viene messa nero su bianco e resa pubblica: è nata e vissuta in un villaggio di case di fango, Ga-Masehlong, vicino a Polokwane, Sudafrica, e giocava a pallone con i maschi. Ma questa forse fu la sua fortuna e non il suo passato oscuro, perché lì in quelle terre sperdute essere femmina non era certo un passaporto per la felicità.
Tutto quel clamore e tutte quelle domande, fra tutte “è una donna o un uomo?” e “merita l’oro nella sua categoria?” , portano la Federatletica internazionale (Iaaf) a toglierle la medaglia. Passano 11 mesi psicologi, endocrinologi e ginecologi indagano per poi sentenziare: Semenya è una donna. Oggi sempre più veloce e felice l’atleta africana è tornata a correre, ma le sue rivali non nascondono ancora lo sdegno. Ma lei, dice durante l’intervista, ha “le spalle più larghe e posso reggere tutto…”.
Semenya ride e racconta dei suoi scherzi al coach Michael Seme detto Sponge, come quando è stanca e “corro con il sedere in fuori e Sponge diventa matto. A volte lo faccio apposta per vedere che faccia fa!”.Ma lei da piccola voleva fare la calciatrice: “Da bambina ero brava. Correvo veloce, infatti quando il mio coach mi ha vista mi ha portata subito al campo di atletica”. Un futuro da “attaccante, segnavo parecchio. Poi ho provato tutti i ruoli: per sei anni sono stata in difesa. Ho fatto anche il portiere, una partita sola però”. A Gaia Piccardi, Caster confessa: “I calciatori italiani non sono tra i miei favoriti. A me piacciono Leo Messi e Carlos Tevez, i miei modelli”.
Ma lei ha creduto al suo coach, le aveva detto “vieni con me e diventerai una campionessa del mondo. Aveva ragione”. Adesso l’obiettivo è battere il record della Kratochvilova (1′ 53′ ‘ 28) che dura da 27 anni, ma l’atleta sa che ci potrà riuscire solo se “lavoro duro, se continuiamo a fidarci l’una dell’altro, perché non dovrei riuscirci?”.
L’idolo di Semenya è Maria Mutola, oro negli 800 a Sydney 2000, il cantante preferito James Blunt, l’attore Bruce Willis. Legge poco e scrive quasi mai, ma assicura “a fine carriera, scriverò un libro in cui racconterò tutto”. E non potrà essere che un best seller visto che Semenya non ha mai né smentito né confermato di essere un ermafrodito.