ROMA – Qualcuno si ricorda di quando a pallavolo per fare un punto era necessario fare prima il cambio palla? O di quando i sei giocatori in campo erano vestiti tutti uguali? E qualcuno si ricorda di quando nel calcio, per fare un salto indietro nel tempo ma ricondurre quasi tutti a un terreno più familiare, il portiere poteva tranquillamente bloccare con le mani un retropassaggio? Ecco, nel tennis stanno pensando a fare qualcosa di simile. Piccoli cambiamenti di regole che sanno un po’ di epocale.
Un cambiamento è imminente anche se riguarderà solo i tornei minori, i cosiddetti Challenger. Si tratta di abolire il “let” poi diventato un po’ per tutti e per logica associazione con la rete il “net”, sul servizio. A oggi funziona così: il tennista serve e se la palla tocca il nastro la battuta è da ripetere: se dopo il tocco rimbalza in campo è ancora prima palla, altrimenti è seconda di servizio.
Dal punto di vista del gioco è la cosa più logica: il nastro devia il servizio, ovvero un colpo che già di suo viaggia molto oltre i 150 km/h e regala buona parte dei punti. Dover ribattere sulla deviazione del nastro sarebbe un ulteriore handicap per chi risponde.
Dal punto di vista televisivo e dello show però è meglio togliere il net. Per due motivi: perché fa “perdere tempo” e perché la deviazione è alea e quindi spettacolo. Che sia a scapito dello sport poco male. Per inciso: Enrico Cisti che su Repubblica dà la notizia dei cambiamenti dice anche che ai giocatori non piacciono. E onestamente non è difficile crederlo. Mentre è più difficile credere che possano vincere un “duello” contro le esigenze televisive.
Perché in ballo non c’è solo l’abolizione del net. Si parla, ma queste ultime varianti per ora sono solo a livello di proposta, di altre due innovazioni. Entrambe, come la precedente, vanno in direzione dello “speed tennis”, il tennis veloce, compresso, e quindi più adatto ai palinsesti. La prima è un dettaglio: penalizzare con richiami prima e punti poi i tennisti che si prendono troppo tempo tra un punto e l’altro. Sembra una regola pensata da chi di tennis ne ha visto tanto e giocato pochissimo: quei 20-25 secondi tra un punto e l’altro saranno “noiosi” per lo spettatore, ma spesso sono decisivi per un atleta. In 20 secondi c’è la ricarica di energia per il punto successivo e perché no, persino il tempo di pensare. Già. Pensare. Ovvero decidere dove tirare un servizio, se cambiare strategia, se attaccare l’avversario o aspettare che sbagli lui. Tutto questo lo si vorrebbe cancellare perché chi vede si annoia. Che poi è un po’ la rivoluzione copernicana di tutti gli sport in tv: lo spettatore, per esigenze reali o presunte, più importante dell’attore.
Infine l’ultima idea. Quella più ambiziosa, quella dell’accelerazione “definitiva”. Il cosiddetto killer point, ovvero l’abolizione dei vantaggi. Se un game arriva sul 40 pari niente più susseguirsi di vantaggi, di palle break poi annullate, ma semplicemente un solo punto. Chi lo fa arraffa il game. E si risparmia tempo. Si accorciano le partite e si pianificano meglio le interruzioni pubblicitarie. Ancora una volta con qualche piccola conseguenza che ricade su chi gioca: spesso da un singolo servizio strappato dipende un’intera partita.
E poi c’è l’aspetto “poetico” della questione: addio alle maratone interminabili, partite che si chiudono dopo sei o otto ore di gioco. Del resto, dicono gli innovatori, una volta non c’era neppure il tie break. Vero. Resta il dubbio che chi ha pensato e propone certe innovazioni non abbia in mente tanto il miglioramento del gioco quanto la sua spendibilità a livello televisivo. E no. Non è la stessa cosa.