Udinese-Napoli, pari con gol, spettacolo e veleni. Lazio ko ma è terza

Mauricio Pinilla (LaPresse)

ROMA –  Un pareggio che lascia aperti i giochi e permette alla Lazio di tenersi la terza piazza nonoastante il ko di Catania. Tra Udinese e Napoli arriva un 2-2 spettacolare pieno di gol, episodi contestati ed episodi che cambiano la partita. In avvio parte meglio l’Udinese che sblocca grazie a Pinzi. Ma è nella ripresa che la partita si accende improvvisamente. La gara sembra chiudersi dopo 7 minuti quando Di Natale raddoppia con una girata dopo una conclusione di Pinzi ribattuta dal palo.

Invece ci mette lo zampino l’arbitro Rocchi definito “impresentabile” dal presidente friulano Pozzo a fine gara. L’episodio decisivo è l’espulsione di Fabbrini per doppia ammonizione. E in effetti entrambi i cartellini appaiono eccesivi. Sta di fatto che con l’Udinese in 10 la partita gira e il protagonista assoluto diventa Edinson Cavani. L’uruguayano prima sbaglia un rigore poi prima accorcia su punizione e infine realizza il gol del 2-2. Alla fine l’Udinese, in 10 è stanca, e il Napoli prova anche a vincere ma Handanovic si supera su Dzemaili.

Alle 15 di domenica, come spesso succede, il piatto è abbastanza povero. Spicca, nella zona alta, la vittoria di misura del Catania sulla Lazio. A decidere è un gol in mischia, a dieci dalla fine di Nicola Legrottaglie. Per la Lazio, apparsa affaticata nei suoi uomini chiave (Klose su tutti) è il secondo ko consecutivo proprio in un momento in cui il calendario aveva offerto l’opportunità di una mini-fuga per il terzo posto.

Il Catania, invece, è la vera sorpresa del campionato: gioca bene, in casa è un rullo compressore, fuori casa inizia a fare qualche punto. E Vincenzo Montella, l’artefice principale del piccolo miracolo non si accontenta: “Dobbiamo continuare, sarebbe un peccato sprecare questa opportunità”. Il calendario, però, ora dice nell’ordine Napoli e Milan. Doppio esame di maturità.

L’Inter, invece, non dà segnali di vita neppure dopo l’addio all’ultimo traguardo stagionale arrivato con l’eliminazione in Champions. In casa con l’Atalanta i nerazzurri non vanno oltre lo 0-0. Ci si mette anche Milito che nel primo tempo sbaglia un calcio di rigore. Per il resto, però, l’Inter è di una pochezza offensiva allarmante. All’Atalanta basta alzare il muro per rischiare tutto sommato il giusto. Poi ci sarebbe un rigore solare per i  bergamaschi per fallo di Lucio su Gabbiadini, ma l’arbitro ignora.

“E’ una stagione storta ma il gruppo non molla” commenta Ranieri nel dopo partita. La sensazione, ci permettiamo di osservare, è un’altra: il “gruppo” aveva mollato ben prima che arrivasse l’aggiustatore Claudio. L’Inter è tutta da rifare e difficilmente, dovendo ricominciare, ci si può affidare  a uno che ha il “karma dell’aggiustatore” e che per sua ammissione e  storia calcistica preferisce la “grinta e il non mollare” all’organizzazione di gioco.

In zona salvezza, invece, il colpo grosso lo fa il Novara che va a vincere 2-0 in casa del Siena tenendo viva una fiammella di speranza salvezza. Gli uomini di Tesser soffrono e ripartono. Poi nella ripresa arriva l’uno due di Rigoni e Porcari. Il Siena incassa e perde l’occasione per mettersi in zona tranquilla. Il Novara, invece, anche se i punti dalla salvezza sono otto, forse troppi, può almeno provare a crederci ancora. Una domanda, però, sorge spontanea: valeva davvero la pena di esonerare Tesser (uno che coi piemontesi aveva vinto due campionati) per poi richiamarlo a situazione disperata? Lasciandolo al suo posto, visti i risultati, forse il Novara avrebbe avuto qualche punto e qualche speranza in più.

Il Lecce, invece, non va oltre l’1-1 interno con il Palermo in una partita dove però le decisioni arbitrali pesano come un macigno. I salentini, infatti, passano dopo pochi minuti su calcio di rigore trasformato da Di Michele. Ma c’è da discutere: Bertolacci viene steso da Munoz. Sembra chiara occasione da gol ma per l’arbitro è solo giallo. Decisione che pesa doppio visto che pochi minuti dopo sarà proprio Munoz a pareggiare. Nel frattempo sono gli uomini di Cosmi a rimanere indietro per un fallo di Oddo. Ironia della sorte in questo caso la “chiara occasione da gol” non è poi così chiara. Più avanti resta in dieci anche il Palermo (Bertolo sotto la doccia) e il Lecce prova fino all’ultimo a vincere senza esito. I punti dalla salvezza, i 31 punti del Parma, restano cinque.

Tra Bologna e Chievo, invece, finisce nel modo più probabile: un pari per 2-2 che accontenta e muove la classifica di due squadre praticamente già salve. I veronesi posso ricriminare qualcosa se non altro perché per due volte si ritrovano in vantaggio (Andreolli e Thereau) e per due volte vengono ripresi (Di Vaio e Diamanti). Per il resto, però. il pari è risultato giusto. E pronosticabile.

Nell’anticipo delle 12:30 il Cagliari si sbarazza 3-0 del Cesena sempre più solo in fondo alla classifica ad attendere che la B, già virtualmente scontata, venga ratificata anche dalla matematica. I tre punti del Cagliari sono frutto di un “gentile omaggio” del presidente del Palermo Maurizio Zamparini, uno che ha pensato bene di cedere ai sardi Mauricio Pinilla, oggi autore di una tripletta. Due, è vero, sono su rigore ma contano lo stesso. L’altro protagonista, in negativo, della partita è il signor Carmine Russo di Nola, arbitro avvezzo in modo allarmante alle giornate no. E anche in una partita tranquilla sbaglia quasi tutto lo “sbagliabile”: per due volte non ammonisce giocatori del Cagliari che tirano dopo il fischio del fuorigioco. E poi ha la faccia tosta di ammonire il giocatore del Cesena che, in modo sacrosanto, protesta. Il peggio lo fa sui rigori: prima, piazzato benissimo, non ne dà uno macroscopico al Cagliari. Subito dopo, sempre ai sardi, ne fischia uno al limite dell’invisibile. Misteri dell’ermeneutica da fischietto.

La lotta scudetto, invece, causa spezzatini e coppe è relegata al sabato. Ed è un turno che finisce “pari” perché Milan e Juve vincono tutte e due, manca un turno di meno, ma sono i bianconeri, sulla carta, ad aver superato l’ostacolo più insidioso e ad aver superato un esame “nervoso”, quello di giocare con il Milan già vittorioso.

A Parma i rossoneri vincono in scioltezza 2-0: troppa differenza di caratura e una partita che si mette in discesa dopo 17 minuti con il rigore trasformato dal solito Ibra, al ventesimo sigillo stagionale. Poi il Milan sbaglia diverse occasioni da gol (è il dettaglio che impensierisce Massimiliano Allegri a fine gara) prima che Emanuelsson, con una bella azione personale chiuda i conti nel secondo tempo. Per il resto c’è anche spazio per un paio di minuti di Rino Gattuso, al rientro dopo i problemi all’occhio. Quanto al Parma, qualche occasione e una trasferta colta nel finale da Floccari. Non abbastanza contro un Milan che sta bene, punta al campionato, guarda con fiducia alla Coppa Italia e si prepara alla supersfida (troppo super, anche per questo Milan) con il Barcellona.

La risposta della Juventus è di quelle da vecchia signora, vincente e di classe. Perché gli ingredienti della trappola c’erano tutti: i troppi pareggi, l’astinenza offensiva, la vittoria del Milan e il rischio di finire a -6 o peggio -7 e quindi archiviare il campionato a metà marzo. A Firenze, invece, complice una squadra viola sgangherata e impresentabile, la Juventus domina e annienta la Fiorentina.  Lo 0-5 finale, con tanto di furia dei tifosi viola (di “fede” e di rabbia)  nella notte e scuse di Andrea Della Valle (che più che scusarsi dovrebbe forse pensare al calciomercato in entrata e non solo in uscita) non è un punteggio eccessivo. Per la Juve da Firenze arrivano quasi solo buone notizie: la prima è il gol di Vucinic (una rarità, specie di questi tempi). Poi tornano a segnare i centrocampisti: Vidal, Pirlo e soprattutto Marchisio. Ecco, a voler trovare un neo la questione è sempre la stessa: Ibrahimovic da solo fa più gol, molti di più, di tutta la rosa degli attaccanti bianconeri messi insieme. Ma la cosa che conta di più è un’altra: il campionato è ancora vivo.  Per la Fiorentina, invece, scenario da incubo: classifica da dimenticare, quota salvezza ancora lontana e Alessio Cerci che ci mette del suo, facendosi espellere per un calcione proprio appena ritrovato il posto da titolare.

A chiudere la giornata, poi, lunedì ci penseranno Roma e Genoa. Ai giallorossi servono tre punti per provare ancora a inseguire un improbabile terzo posto. Al Genoa i punti servono perché quota 40 è ancora lontano. Difficilmente sarà una partita senza gol.

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Emiliano Condò